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Verso un’economia all’idrogeno?

Si fa presto a dire idrogeno. Prima di sognare di guidare automobili che producono vapore acqueo dal tubo di scappamento, bisogna risolvere un problema non da poco: come trasportare un elemento estremamente infiammabile e volatile senza rischi e in modo economicamente accettabile?
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Si fa presto a dire idrogeno. Prima di sognare di guidare automobili che producono vapore acqueo dal tubo di scappamento, bisogna risolvere un problema non da poco: come trasportare un elemento estremamente infiammabile e volatile senza rischi e in modo economicamente accettabile? L'idrogeno è un ottimo mezzo per immagazzinare energia (come ben sanno gli astronauti che usano le celle a combustibile nei loro viaggi), ma la sua applicazione a livello industriale e commerciale non sarà possibile su larga scala fino a che non si riuscirà a trovare un modo economicamente abbordabile di conservarlo e trasportarlo senza rischi. L'idrogeno è infatti altamente infiammabile e sarebbe pertanto impensabile trasportarlo come un comune combustibile. Almeno fino ad ora. Da tempo i chimici si chiedono come stipare l'idrogeno in sicurezza facendolo «assorbire» da una sostanza, ma finora quasi tutte le soluzioni proposte erano basate su materiali solidi (ad esempio idruri metallici). I ricercatori della University of Oregon (USA) hanno invece da poco messo a punto un nuovo composto, della classe dei borani, che è liquido a temperatura ambiente. BN-metilciclopentano, questo il nome della molecola, è riciclabile (cioè in grado di assorbire nuovo idrogeno dopo averlo rilasciato) e permette di liberare l'idrogeno in modo controllato. Per arrivare a questo risultato il professor Shih-Yuan Liu, assieme ai dottorandi Wei Luo e Patrick G. Campbell e al dottor Lev N. Zakharov del Center for Advanced Materials Characterization in Oregon (CAMCOR) ha modificato ad arte la struttura di un particolare ammino borano in modo tale da ottenere un liquido (che mantiene le sue proprietà anche dopo aver rilasciato l'idrogeno) a bassa pressione di vapore.

Cella a combustibile delle navette Apollo (Immagine: James Humphreys - Colds7ream via Wikimedia Commons)

Perché liquido e non solido? Immaginiando un futuro nel quale si sia in grado di stoccare enormi quantità di energia sotto forma di idrogeno, bisogna anche pensare a una infrastruttura che permetta di trasportarlo efficientemente dai luoghi di produzione a quelli di impiego. Al momento la nostra economia verte in gran parte sui combustibili fossili, e le nostre infrastrutture sono quindi plasmate su questi che, in massima porte, sono allo stato liquido. Quando, banalmente, facciamo benzina nell'automobile, una pompa preleva da una cisterna sotterranea il carburante, e quel carburante è stato a sua volta pompato nella cisterna da un'autobotte dopo un viaggio su strada. A sua volta il carburante sarà stato prodotto in una raffineria di petrolio prima di essere messo in viaggio, dove è arrivato sotto forma di greggio viaggiando dentro i tubi di un oleodotto o nel serbatoio di una petroliera. In ogni caso abbiamo sempre a che fare con liquidi. Con una tecnologia basata su qualcosa di simile al BN-metilciclopentano si potrebbe utilizzare, con le inevitabili modifiche del caso, gran parte delle infrastrutture esistenti, senza doverne inventare ex novo e quindi abbattendo drasticamente i tempi di implementazioni a livello globale. La ricerca (ora pubblicata on line sul Journal of American Chemical Society) è infatti stata finanziata dal U.S. Department of Energy, che mira allo sviluppo di una forma di stoccaggio per l'idrogeno che sia effettivamente utilizzabile a partire dal 2017. Intanto gli autori assicurano che è già possibile usare il BN-metilciclopentano nelle normali pile a combustibile.   Per approfondire: a questo link il nostro esperto di chimica parla del diborano: La struttura del diborano Vincenzo Balzani ci spiega come la chimica può aiutarci a guidare in modo sostenibile lo sviluppo del nostro pianeta.proprio a partire dalle necessità energetiche

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