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Vivere senza mitocondri: si può fare!

Si può vivere senza mitocondri? A dispetto di quanto si è sempre creduto, si può: ci è riuscito Monocercomonoides, il primo eucariote privo di mitocondri mai descritto.
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Si può vivere senza mitocondri? Per anni gli scienziati hanno ritenuto che questi organuli fossero un requisito indispensabile per la sopravvivenza e per la definizione stessa delle cellule eucariotiche, di cui costituiscono il perno del metabolismo energetico. A mettere in discussione questo assioma arriva ora Monocercomonoides: questo protista sembra infatti essersi fatto strada nel percorso evolutivo senza l’aiuto di questi organuli e si è guadagnato il primato dell’unico eucariote privo di mitocondri ad oggi noto.

Monocercomonoides è l'unico eucariote noto a essere privo di mitocondri (Immagine: Karnkowska A et al. Current Biology 2016).  

Mitocondri: non sempre è facile riconoscerli

Non è la prima volta che gli scienziati si interrogano sull’esistenza di eucarioti che possano vivere senza mitocondri e negli anni Ottanta si fece strada l’ipotesi che alcuni Archeozoi, un gruppo di eucarioti primitivi che comprende i diplomonadi come la Giardia,  ne fossero privi. Ipotesi poi smentita dagli studi successivi, dai quali emerse che tutti gli Archeozoi analizzati erano dotati di organuli con una doppia membrana, come i perossisomi, l’apparato di Golgi e i tanto discussi mitocondri (in questo Come Te lo Spiego abbiamo ripercorso l'evoluzione dei mitocondri). La doppia membrana è una caratteristica tipica del processo di endosimbiosi che si ritiene abbia dato origine alle cellule eucariotiche (come riassunto in questa news dell’Aula di Scienze). A difesa dei sostenitori dell’ipotesi degli Archeozoi, va detto che in molti organismi i mitocondri sono andati incontro a drastici fenomeni evolutivi, che ne hanno alterato aspetto e funzione. Lo dimostrano anche le più recenti indagini di genomica e proteomica mitocondriale, dalle quali emerge che molti geni mitocondriali hanno subito mutazioni, sono andati persi oppure hanno “traslocato” nel genoma della cellula eucariotica. In alcuni protisti anaerobici queste varianti evolutive hanno raggiunto livelli ancora più estremi, tanto da rendere i mitocondri derivati irriconoscibili anche ai biologi cellulari più esperti. E se le immagini al microscopio potevano lasciare ancora dubbi nei sostenitori più ostinati dell’ipotesi degli Archeozoi, ci hanno pensato le più recenti indagini di genomica mitocondriale a fugare ogni dubbio: per quanto la loro morfologia sia alterata, anche gli organuli presenti negli Archeozoi possiedono proteine tipiche dei mitocondri, come per esempio i centri Fe-S coinvolti nella catena di trasporto mitocondriale e altre traslocasi o chaperones molecolari indispensabili per l’importazione di proteine dal citoplasma all’interno dei mitocondri. Di fronte a questa mole di prove, quella degli eucarioti privi di mitocondri divenne sempre più una leggenda metropolitana. Tanto che la presenza di mitocondri - o di organuli a essi correlati - fu considerata un requisito indispensabile non solo per sopravvivenza, ma anche per la definizione stessa di cellula eucariotica. Fino a quando gli occhi di Anna Karnkowska, ricercatrice dell'Università Carolina di Praga, non si sono posati sul protista Monocercomonoides.  

Chi è Monocercomonoides?

Monocercomonoides è un protista unicellulare flagellato. Nell’album di famiglia filogenetico si colloca vicino ad altri organismi, noti da tempo come parassiti , compresi Giardia intestinalis, Spironucleus salmonicida e Trichomonas vaginalis.
L'albero filogenetico di Monocercomonoides, in cui è mostrato il percorso che ha portato alla perdita dei mitocondri (Immagine: Karnkowska A et al. Current Biology 2016).
Nonostante si possa definire eucariote a tutti gli effetti, Monocercomonoides non possiede traccia di mitocondri: in base a quanto riportato dall'articolo pubblicato sulla rivista Current Biology, non solo questi organelli mancano nel suo citoplasma (neppure in una forma molto diversificata), ma nemmeno il genoma cellulare contiene traccia di geni di origine mitocondriale. Tuttavia, secondo quanto evidenziato dalle analisi filogenetiche, Monocercomonoides non deriva da una linea evolutiva parallela priva di mitocondri: più probabilmente questi organismi ne erano inizialmente dotati, ma si sarebbero poi affrancati dal metabolismo mitocondriale grazie ad altri circuiti metabolici. In Monocercomonoides sono infatti presenti proteine che permettono la mobilizzazione citosolica dello zolfo (SUF), acquisite in un secondo tempo per trasferimento genico orizzontale dai batteri. Questi enzimi permettono a Monocercomonoides di sopravvivere anche in assenza dei centri Fe-S della catena di trasporto mitocondriale, un tempo ritenuta elemento distintivo del metabolismo di tutte le cellule eucariotiche. Ora che l’eccezione è stata trovata, gli scienziati vogliono andare più a fondo e cercare di capire se - come è ormai probabile - altri organismi eucarioti siano privi di mitocondri: è forse giunto il momento di aggiornare anche quella che sembrava una delle pagine più conosciute dell’evoluzione degli eucarioti. E invece c’è ancora molto da scoprire.
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