Vi siete mai chiesti che cosa si nasconda dentro il vostro ombelico? La domanda può sembrare curiosa e, ammettiamolo, anche un po’ disgustosa. Ma tant’è: persino medici e scienziati hanno fino ad oggi ignorato che cosa si celasse di preciso nel nostro ombelico. Con uno studio pubblicato sulle pagine della rivista PLOS One, un gruppo di ricercatori statunitensi ha iniziato a dare qualche risposta sulla vita segreta del nostro ombelico. I risultati non hanno mancato di stupire i ricercatori stessi.
Un ombelico o una foresta pluviale?
Lo studio dell’ombelico umano è partito quasi per scherzo circa due anni fa. Sembra quasi di vederli: la studentessa Britné Hackett, la microbiologa Jiri Hulcr e Rob Dunn (il responsabile di un laboratorio che fino a quel momento si era occupato di foreste pluviali) chiedersi davanti ad un caffè quale universo di microrganismi viva dentro l’ombelico umano. Eppure quella battuta ha avuto un seguito in quello che è diventato un progetto di "citizen science" di grande successo. E così i ricercatori hanno incominciato a raccogliere campioni da chiunque fosse disposto a farsi passare un cotton fioc nell’ombelico. Un lavoraccio. Anche perché, diciamolo, non tutti gli ombelichi sono come quello di Shakira. Specialmente quello di uno dei partecipanti allo studio che, al momento del campionamento, ha ammesso serafico di non essere passato dalla doccia per diversi anni. Per inciso, il suo ombelico è stato l’unico (insieme ad un solo altro campione) a presentare anche una rara specie di Archeobatteri.
Lo studio dell’ombelico umano è partito quasi per scherzo circa due anni fa. Sembra quasi di vederli: la studentessa Britné Hackett, la microbiologa Jiri Hulcr e Rob Dunn (il responsabile di un laboratorio che fino a quel momento si era occupato di foreste pluviali) chiedersi davanti ad un caffè quale universo di microrganismi viva dentro l’ombelico umano. Eppure quella battuta ha avuto un seguito in quello che è diventato un progetto di "citizen science" di grande successo. E così i ricercatori hanno incominciato a raccogliere campioni da chiunque fosse disposto a farsi passare un cotton fioc nell’ombelico. Un lavoraccio. Anche perché, diciamolo, non tutti gli ombelichi sono come quello di Shakira. Specialmente quello di uno dei partecipanti allo studio che, al momento del campionamento, ha ammesso serafico di non essere passato dalla doccia per diversi anni. Per inciso, il suo ombelico è stato l’unico (insieme ad un solo altro campione) a presentare anche una rara specie di Archeobatteri.
Lo studio pubblicato su PLOS One raccoglie proprio i risultati dei primi sessantasei campioni analizzati. Le analisi microbiologiche hanno permesso di catalogare ben duemilatrecento specie batteriche diverse: una vera e propria giungla di biodiversità batterica, che non ha mancato di stupire i ricercatori stessi. L’ombelico medio contiene circa cinquanta specie batteriche diverse, ma solo otto sono particolarmente abbondanti e sono state rinvenute in più del 70% dei campioni. Tutte le altre specie catalogate, seppure presenti, sono comunque rarissime. Questa particolare distribuzione ha colpito immediatamente Rob Dunn per l’incredibile somiglianza con l’ecosistema della foresta pluviale. «In alcune foreste pluviali» spiega Dunn «ci sono molte specie diverse di alberi, ma solo un ristretto numero è presente nella maggior parte delle foreste. Queste specie vengono chiamate oligarchi». A quanto pare anche gli ombelichi hanno i loro oligarchi di specie batteriche.
Per districarsi nella giungla di dati prodotta da questa analisi, i ricercatori si sono affidati all’aiuto di biostatistici e matematici. Quello che è emerso è che, sulla base della composizione della "giungla" dell’ombelico, le persone si possano dividere in due grandi sottogruppi. Ma il perché di questa suddivisione o se esistano altri sottogruppi rimangono quesiti senza risposta.
Il progettoBelly Button Biodiversity
La pubblicazione dello studio apparso su PLOS One rappresenta però solo il primo passo di un progetto più ampio: pur fornendo alcune risposte sulle specie batteriche che si celano nelle circonvoluzioni cicatriziali dell’ombelico, le analisi hanno fatto affiorare decine di altre domande. Ad esempio, esistono fattori che possano correlare con la composizione della flora batterica dell’ombelico? I ricercatori hanno già preso in considerazione diversi fattori: età, sesso, area geografica in cui si è nati o lo stile di vita, ma al momento nessuno sembra mostrare un legame particolare. I ricercatori del gruppo di Rob Dunn si sono quindi rimessi al lavoro e hanno ora raccolto oltre seicento campioni in attesa di essere analizzati, nella speranza che un maggior numero di esemplari possa aiutarli a svelare qualcosa di più.
Partito come una semplice curiosità, il progetto Belly Button Biodiversity (progetto sulla biodiversità dell’ombelico) è diventato qualcosa di molto più intrigante: «sempre più studi» ricorda Rob Dunn «mostrano come la composizione della flora batterica della pelle ci difenda dalle infezioni e contribuisca a prevenire disfunzioni del sistema immunitario, come le allergie». Gli studi futuri forse ci aiuteranno a capire quale ruolo giochi la flora batterica dell’ombelico in questi fenomeni. Nel frattempo, per chi volesse seguire le avventure del progetto Belly Button Biodiversity, i ricercatori hanno aperto un sito in cui è possibile ammirare i ritratti della flora batterica dei diversi ombelichi: una piastra di agar può rivelarsi di una varietà artistica inaspettata!