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Un bombo oggi, il mondo domani

È il re dei prati in fiore, l'impollinatore incontrastato delle Leguminose e dobbiamo al suo lavoro molto del cibo che arriva sulla nostra tavola. Andiamo alla scoperta di questo imenottero di grossa stazza accompagnati dalle pagine di Dave Goulson, uno dei più apprezzati divulgatori britannici, che studia i bombi da trent'anni.
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Per fare un prato occorrono un trifoglio e un’ape − un trifoglio e un’ape e il sogno! Il sogno può bastare se le api sono poche.

Emily Dickinson

   

Emily & Charles

Più o meno negli stessi anni in cui Emily Dickinson (1830-1886) scriveva le sue poesie immortali nel buio della propria stanza ad Amherst (Massachussets, USA), Charles Darwin (1809-1882) sfruttava bellamente i suoi figli per studiare i bombi nel giardino fiorito di Down House (Kent, UK): «Ho potuto seguirli [i maschi di bombo] lungo questo fosso solo facendo strisciare molti dei miei figli sulle pance».

Ai bombi Darwin dedica alcune pagine interessanti nel suo epocale L’origine delle specie:  

In ogni regione, il numero dei bombi dipende in gran parte dal numero delle arvicole che ne distruggono i favi e i nidi […] Ora il numero dei topi, come tutti sanno, dipende in larga parte dal numero dei gatti […] Perciò è verosimile che la presenza di un gran numero di felini possa determinare in una determinata regione la frequenza di piante, mediante l’intervento in primo luogo dei topi e poi delle api! (Capitolo terzo, in Natura degli ostacoli che si oppongono all’aumento numerico)

 Chi lo sa. Magari il trifoglio di cui parla Emily Dickinson era trifoglio dei prati (Trifolium pratense, chiamato da Darwin trifoglio violetto) i cui fiori possono essere visitati solo dai bombi, non dalle api, a causa della lunghezza della lingua-proboscide. E quindi le api della poesia non sono api domestiche come si potrebbe pensare, ma bombi. Quindi “per fare un prato occorrono un trifoglio e un bombo” (sperando di non dover ricorrere mai solo ai sogni). Bombo su trifoglio dei prati (immagine: shutterstock.com)

 

I bombi 

Dopo l'articolo sulle api, meritano un approfondimento i bombi. Appartenenti alla famiglia degli Apidi, non sono api mellifere, né tantomeno calabroni, coi quali vengono spesso confusi a causa della stazza. Fanno un miele “grezzo”, semplice nettare non disidratato, che ripongono in piccole e graziose anfore di cera dentro le quali vengono anche deposte le uova delle nuove operaie.

Le caratteristiche anfore nel nido di bombo (immagine: shutterstock.com)

I bombi non accumulano cibo per l’inverno, perché solo le regine nate alla fine dell’estate vivono per svernare e fondare una nuova colonia in primavera. I loro nidi sono nella maggior parte dei casi sottoterra, ricavati nelle tane abbandonate di topi e arvicole, o in fessure naturali. I topi a loro volta – come ci ha ricordato Darwin – li visitano per depredarli. All’olfatto umano hanno un odore molto forte e sgradevole, a causa del quale possono essere trovati e depredati anche dai tassi.

I bombi sono insetti sociali, ma le loro ridotte colonie non costituiscono un vero e proprio superorganismo, perché contano appena 50-100 individui, fino a un massimo di 300.

Il genere Bombus comprende circa 250 specie, di cui 43 censite in Italia e 27 nel Regno Unito. Contrariamente a quello che si potrebbe credere, ci sono più bombi nelle aree urbane che in campagna. In un mondo ideale non sarebbe così, ma nel mondo reale le zone antropizzate hanno i giardini e nei giardini ci sono i fiori.

Bombi e piante, come vedremo, costituiscono un matrimonio indissolubile da circa 35 milioni di anni. In campagna la situazione è differente: ettari di monocolture trattati con prodotti fitosanitari non sono l’habitat ideale per molte forme di vita conosciute, tantomeno i bombi. In modo paradossale, spesso gli agricoltori sono costretti a comprare da ditte specializzate colonie di bombi, così da favorire l’impollinazione per aumentare la produttività di molte colture (per esempio i pomodori).

Come scoprì il maestro di tutti i “bombofili” Bernd Heinrich nel 1976, i bombi hanno il “sangue” caldo. Questo sia grazie ai peli che trattengono il calore sia grazie a un metabolismo elevatissimo che lo produce.

 

Dave Goulson

I bombi hanno il loro cantore: Dave Goulson (1965). Nel suo bellissimo libro Il ritorno della regina. Le mie avventure con le api selvatiche (Hoepli, 2019, 231 pp., 22,90 euro. Traduzione di Alfonso Lucifredi) dimostra che Darwin non è l’unico inglese ad aver fatto follie per questi imenotteri.

Goulson è professore alla University of Sussex e studia i bombi da quasi trent’anni, meritando l’ottavo posto nella classifica dei "Conservation Heroes" della rivista BBC Wildlife. Ottimo scrittore, Goulson può essere inserito nell’apprezzato filone degli autori britannici di nature writing, in compagnia di Roger Deakin, Richard Mabey e Robert MacFarlane. Il suo stile alterna a una appassionata e appassionante divulgazione scientifica anche autobiografia e umorismo, il che rende facile e divertente la lettura. Come gli autori citati, anche Goulson, grazie alla sua formazione in scienze naturali e ambientali, è molto bravo a trasmettere l’affascinante complessità degli equilibri fra esseri viventi.

Sulla scia di Bernd Heinrich, l’allora giovane professore universitario Goulson nel 1996 scoprì come mai i bombi rifiutino certi fiori e si riforniscano in altri. Scoprì che questo comportamento ha a che fare con le tracce odorose che ogni bombo rilascia al suo passaggio (una miscela di idrocarburi oleosi che tutti gli insetti hanno), messaggio che nel loro caso significa: “questo fiore è stato bottinato 12 minuti fa, torna fra mezz’ora!”. Infatti, in base alla specie vegetale, i fiori si “ricaricano” di polline e nettare in circa un’ora (il ginestrino è molto più lento, impiega fino a 24 ore). I bombi sono quindi in grado di stabilire l’età di un’impronta, e non solo di individui della propria specie.

La prima cosa che impariamo e capiamo grazie a Goulson è che non si può parlare di bombi senza parlare di piante.

 

I bombi e le piante

Goulson ci accompagna alla scoperta delle complesse e privilegiate interazioni fra bombi e fiori e, più in grande, alla scoperta della coevoluzione fra insetti impollinatori e piante, svelando la complessità preziosa dei «servizi ecosistemici» operati dagli insetti. 135 milioni di anni fa le piante disperdevano il polline al vento, con uno spreco di energie e risorse enorme. Ma gli antichi insetti scoprirono che il polline era buono e nutriente…  

… e così gli insetti divennero i primi impollinatori, dei facilitatori del sesso tra piante. Era iniziata una relazione mutualistica che avrebbe cambiato per sempre l'aspetto della Terra. Sebbene gran parte del polline fosse consumata dagli insetti, per le piante era comunque molto meglio che disperderlo al vento. Inizialmente gli insetti dovevano cercare degli insignificanti fiori verdi e marroni nel fogliame circostante. Adesso invece pubblicizzare la posizione dei fiori era per le piante un vantaggio: in questo modo potevano essere trovati più rapidamente, attraendo gli insetti lontano dalla concorrenza. È così che è iniziata la campagna di marketing più lunga della storia, con le ninfee primitive e le magnolie, prime piante a evolvere petali bianchi, ben visibili sullo sfondo delle foreste verdi. [p. 36-37]

 

Prati in fiore

«Per fare un prato occorrono un trifoglio e un’ape»… e Dave Goulson. Nel suo libro (il primo tradotto in Italia, speriamo non l’unico) racconta l’avventurosa, comica e insieme serissima impresa di comprare un rudere in pessime condizioni – senza bagno – nella campagna francese.

Ciò che a lui interessa più di tutto sono i 12 ettari di terreno annessi. Qui – nello sgomento incredulo degli agricoltori del luogo – conduce un esperimento a lungo termine affascinante: rinaturalizzare i campi un tempo coltivati della sua proprietà. La sua prima mossa è quella di ridurre la fertilità del terreno, in modo da favorire le piante selvatiche. Per fare questo, ogni anno, è necessario tagliare e poi rimuovere il fieno. Goulson, con pazienza estenuante, procede in questo senso, ripagato dopo un decennio da un prato di fiori selvatici finalmente pieno di molte specie di insetti, dove prima cresceva una sola specie vegetale.

Dave Goulson "a caccia" di insetti nel suo prato in Francia (Copyright Finn Goulson)

Le piante preferite dai bombi appartengono alla famiglia delle Leguminose (o Fabacee), ovvero: trifogli, ginestrini, veccia, piselli, fagioli, etc. Le quali hanno un potere speciale che consente loro di vivere anche in terreni poveri: vivono in simbiosi con il batterio azotofissatore Rhizobium leguminosarum. Cosa significa? Lo spiega bene l'autore:  

Le loro radici hanno noduli, piccoli grumi all'interno dei quali vivono i Rhizobium, batteri che possono intrappolare l'azoto dall'aria e trasformarlo in una forma utilizzabile dalle piante. Nella maggior parte delle piante, la crescita è fortemente limitata dalla carenza di nitrati, necessari per la fabbricazione di proteine, nonostante l'azoto, l'elemento da cui provengono i nitrati, formi l’80% dell’aria che le circonda. Chiedendo aiuto ai batteri. le leguminose aggirano questo problema – nutrono i loro batteri addomesticati con degli zuccheri che ottengono con la fotosintesi, e in cambio i batteri forniscono loro i nitrati. Questo rapporto ha dato alle leguminose un enorme vantaggio prima dell'avvento dei fertilizzanti artificiali. Gli antichi prati da fieno sono pieni di trifoglio, ginestrino, veccia, medica lupolina e meliloto, in grado di surclassare le erbe perché solo loro hanno accesso a nutrienti abbondanti. La maggior parte di queste piante è impollinata dai bombi. [p. 181]

E come mai i bombi si nutrono soprattutto di polline di leguminose? Cosa ha di tanto speciale?  

Per scoprirlo, ho raccolto campioni di polline di svariati fiori diversi – un lavoro difficilissimo, che i bombi fanno sembrare ridicolmente facile – e li ho spediti in un laboratorio a Cambridge che ne ha analizzato la composizione nutrizionale scoprendo che il polline delle leguminose è particolarmente ricco di proteine. Inoltre, la proteina contenuta nel polline delle leguminose è insolitamente ricca di “amminoacidi essenziali”, quelli che gli animali non possono sintetizzare da soli. Per assicurarsi la fedeltà dei bombi, sembra che le leguminose offrano polline straordinariamente ricco di proteine di alta qualità. Poiché il polline è l'unica fonte di proteine disponibile per i bombi, è perfettamente sensato che visitino selettivamente i fiori che forniscono loro la fonte più ricca. […] Le relazioni mutualistiche tra i bombi, i fiori che impollinano e i batteri che vivono nelle radici di quelle piante sono al centro del funzionamento di un prato naturale ricco di specie. [p. 181-182]

Ma non servono ettari di terreno per fare la propria parte. Terminato il libro i lettori si ritroveranno a ripensare i propri davanzali, balconi e giardini per favorire la vita dei bombi e degli altri insetti impollinatori, grazie ai quali anche noi mangiamo (circa ¾ del cibo sulle nostre tavole lo dobbiamo a loro!).

Bombo nei dintorni di un fiore di salvia (immagine: per gentile concessione di Dave Goulson)

Ognuno può fare la propria piccola parte per ridurre il danno apportato agli ecosistemi e agli insetti che è stato perpetrato «mentre l’uomo ridisegnava la superficie del pianeta» [p. 42]

Il segreto? Fiori! Erbe aromatiche, rosacee e... tante leguminose.  

La nostra sopravvivenza e il nostro benessere sono indissolubilmente legati a tutta quella meravigliosa diversità di vita che c'è sulla Terra. Abbiamo bisogno di vermi per creare suolo, mosche e coleotteri e funghi per decomporre lo sterco, coccinelle e sirfidi per mangiare gli afidi, bombi e farfalle per impollinare le piante, piante per fornire cibo, ossigeno, carburante e medicinali e tenere insieme il terreno, batteri per aiutare le piante a fissare l'azoto e le mucche a digerire l'erba. Abbiamo appena iniziato a capire la complessità delle interazioni tra le creature viventi sulla Terra ma spesso scegliamo di sprecare l'insostituibile, di scartare ciò che ci mantiene in vita e rende la vita degna di essere vissuta. Forse, se impareremo a salvare un bombo oggi, potremmo salvare il mondo domani? [p. 221]

 

Chi vuole approfondire, oltre al libro può visitare il sito dell’organizzazione noprofit fondata da Dave Goulson per portare all'attenzione di tutti il prezioso mondo dei bombi e la loro necessaria salvaguardia: il Bumblebee Conservation Trust.
 
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