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Verso l'infinito e oltre con Galfard

Con L'universo a portata di mano Christophe Galfard ci accompagna in un viaggio attraverso la fisica dello spazio e del tempo per mostrarci quanto infinitamente grande e infinitamente piccolo siano intimamente legati. E possano anche farci emozionare
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“La luce può fare circa 26 volte il giro della Terra mentre voi leggete questa frase.”

Christophe Galfard, p. 60

 

“Al di fuori del comfort di casa nostra, l’universo non è stato fatto a nostro vantaggio.”

Edward Witten, cit. a p. 167

 

"In verità, per essere del tutto onesto con voi, nessuno ha ancora davvero capito l'universo."

Christophe Galfard, p. 205

Quante volte di notte ci siamo stesi su un prato, in estate, a guardare il cielo stellato, con i grilli intorno che cantano e la luce della città finalmente lontana… Quante volte abbia mo pensato, guardando quella moltitudine di puntini luminosi lontanissimi, alla grandezza dell’universo, al suo mistero insondabile. Poi siamo cresciuti e i più fortunati hanno continuato a guardare in alto, anziché solo in basso, e poco alla volta abbiamo sentito il desiderio – il bisogno – di cercare risposte. Per esempio abbiamo aperto L’universo a portata di mano – In viaggio attraverso la fisica dello spazio e del tempo (Bollati Boringhieri, 2016, 307 pagine, 29 euro), di Christophe Galfard, classe 1976, brillante fisico teorico francese che fra le altre cose, per sei anni, ha lavorato a stretto contatto con Stephen Hawking. E abbiamo scoperto che quella moltitudine di stelle visibili nella nostra parte di mondo sono circa 5000 (in città se ne riescono a vedere non più di 2000). Ciò che vedevamo nella libertà delle vacanze estive non era nemmeno lontanamente l’universo, ma solo una porzione esterna della Via Lattea, con il nostro piccolo sistema solare posto a circa 2/3 dal centro della galassia.
Rappresentazione artistica della Via Lattea. La freccia gialla indica la posizione del Sole (immagine: Nasa)
Se avete fatto un viaggio in Sudafrica, o in Argentina o in Nuova Zelanda, avrete notato che in cielo si vedono più stelle e questo perché là, dall’altra parte del mondo, quando alzano gli occhi al cielo guardano verso il centro della Via Lattea, e le stelle visibili a occhio nudo sono più numerose. E dopo la notte, il giorno: siete in vacanza, vi siete svegliati tardi e il sole estivo brucia. Nella noia terribile della vita da spiaggia, stesi sul lettino, avete appoggiato il libro che stavate tentando di leggere fra mille schiamazzi per riflettere, all’improvviso, sul Sole, la stella grazie alla quale il nostro pianeta vanta la vita. Distante da noi 150.000.000 di chilometri, la sua luce impiega 8 minuti e 20 secondi per raggiungere la nostra pelle, che peraltro fareste meglio a proteggere, per evitare futuri melanomi e altre orride, gravi complicanze. “Se il sole avesse il volume di una grossa anguria, la Terra si troverebbe a 43 metri di distanza, così piccola che occorrerebbe una lente d’ingrandimento per vederla” (p. 19). Il libro di Galfard, tradotto in una ventina di paesi, è letteralmente un viaggio (mentale e fisico) nel molto grande e nel molto piccolo, che arriva fino all’istante in cui risulta inutile distinguere fra molto grande e molto piccolo: il Big Bang, espressione – vogliamo ricordarlo – coniata dallo scienziato Fred Hoyle al fine di ridicolizzare questa teoria ai tempi ritenuta assurda.   

Il molto grande

La prima parola del primo capitolo è “immaginate”. Dovremo farlo per tutto il libro, così come fanno i fisici teorici per tutta la loro vita lavorativa. Immaginare. Cosa? Di lasciare il nostro corpo su una spiaggia ai Caraibi, diventare pura mente e… partire. Immaginiamo di uscire dall’atmosfera terrestre, di andare sulla Luna, di avvicinarci al Sole, di uscire dal sistema solare, di passare di fianco alla seconda stella più vicina a noi, Proxima Centauri (priva di pianeti), e di addentrarci nella Via Lattea, “verso il centro di un raggruppamento di circa trecento miliardi di stelle, un insieme chiamato galassia” (p. 29). Un “mostro cosmico” che è nulla se confrontato a ciò che vedremo poco dopo. Comunicandoci molto di quanto si conosce oggi, Galfard ci porta per mano fino alla seconda galassia più vicina a noi, Andromeda, che ha mille miliardi di stelle (grande tre volte la Via Lattea). Ora siamo davvero molto, molto lontani da casa… E siamo solo all’inizio. Avanti tutta. Sempre come pura mente, attraverseremo il Gruppo Locale, “un piccolo gruppo composto da 54 galassie gravitazionalmente legate fra loro” che “si espande su una sfera del diametro di circa 8,4 milioni di anni luce”, ma se pensate di essere davvero molto lontani da casa, vi sbagliate di grosso. “Al di là del Gruppo Locale si trovano altri insiemi di galassie, alcuni dei quali composti da parecchie centinaia di singole galassie. Questi grossi raggruppamenti, molto più grossi del nostro, sono definiti ammassi di galassie. Via via che proseguite, passate accanto ad agglomerati ancora più grandi, i cosiddetti superammassi, contenenti decine di migliaia di scintillanti spirali e dischi ovali fatti di innumerevoli stelle e buchi neri, tutti tenuti insieme dalla gravità e distribuiti nello spazio e nel tempo. Questi superammassi sono strutture di vastità inconcepibile” (p. 42). L’inconcepibile. Calati nella nostra immaginazione, guidati da Galfard e dalla sua sorvegliata visionarietà, l’inconcepibile vastità, violenza e natura dell’universo diventa un poco meno inconcepibile, e ci sembra davvero di saggiare con mano (il titolo del libro è opportuno) la misteriosa grandezza in cui siamo immersi, spesso senza rifletterci. Basta fare un semplice calcolo basato su recenti stime: circa 2000 miliardi di galassie nell’universo, ogni galassia con circa 100 miliardi di stelle. Gira la testa, e gira ancora di più se si prova a immaginare il numero di pianeti legati alle singole stelle. Andando avanti, fra le moltissime cose impariamo (o troviamo conferma) che “massa ed energia non sono che due aspetti della stessa cosa” (E = mc², p. 80, l’unica equazione del libro), e che lo spaziotempo altro non è che il tessuto dell’universo. “Energia e materia da un lato, e la geometria dello spaziotempo dall’altro, sono concetti identici quando si tratta di gravità” (p. 81). E che cos’è la gravità? Se dite “è una forza”, Galfard si arrabbia. La gravità è una inclinazione dello spaziotempo, una discesa invisibile, uno scenario di curve, colline e declivi in ogni direzione che un corpo dotato di massa, piccolo o grande che sia, crea nel tessuto dell’universo che è lo spaziotempo: “più l’oggetto che crea questa pendenza è denso, più la discesa è ripida” (p. 79). E così la terra e gli altri pianeti del nostro sistema solare girano attorno alla curvatura creata dall’enorme (per noi) massa del Sole, e così noi dobbiamo fare i conti con l’inclinazione dello spaziotempo creata dal nostro pianeta, come sappiamo bene grazie a smartphone e mazzi di chiavi in caduta costante. A proposito di molto grande (sempre in termini relativi, viste le dimensioni complessive dell’universo): se per qualsiasi motivo siete tristi o preoccupati, ripetetevi nella mente queste parole: “Andromeda e la Via Lattea stanno in effetti cadendo l’una sull’altra, al ritmo sconvolgente di 100 chilometri al secondo, e mancano appena quattro miliardi di anni al momento in cui collideranno” (p. 38). Se non basta per tirarvi su il morale buttandovi alle spalle i vostri umani affanni, pensate che fra cinque miliardi di anni il nostro Sole, in tutti i casi, esploderà.  

Il molto piccolo

CHNOPS: non è un nuovo personaggio del Trono di Spade. È un acronimo: carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo, zolfo. Sono i sei atomi base che hanno permesso la vita sulla Terra. Vengono dallo spazio, naturalmente. Quindi il verso cantato da Alan Sorrenti “Noi siamo figli delle stelle” può essere considerato come il più breve ed efficace scritto divulgativo di cosmologia mai concepito. Nelle nebulose (enormi nubi di polvere di stelle sparse nelle galassie), “l’ossigeno forgiato nelle stelle esplose si mescola all’idrogeno, che si trova dappertutto. Quando le stelle muoiono, spediscono i loro semi ovunque, preparando il terreno perché molecole di acqua possano essere costruite. Come pure molte altre molecole” (p. 145). Gli atomi che costituiscono le molecole, come sappiamo, hanno un nucleo e un numero variabile di elettroni mobili a esso legati. Gli elettroni sono un’onda quantistica oppure una particella, emanazione del campo elettromagnetico. Detto in altro modo, le particelle sono i mediatori di forza dei campi, "campi che collegano ogni cosa a ogni altra cosa" (p. 189), e se stesi su un prato, guardando le stelle, pensavate al vuoto di quella vastità, sappiate che in nessun punto dell'universo esiste il vuoto: ciò che sembra vuoto è una "giungla di campi fluttuanti" e le fluttuazioni diventano particelle, che "affiorano dai vuoti dei campi, dovunque" (p. 212). Per farci capire come funziona una calamita attaccata al nostro frigorifero, Galfard ci convince a miniaturizzarci talmente tanto da riuscire a stare comodamente tra la superficie della calamita e la superficie del frigorifero, senza esserne schiacciati. Da lì, osserviamo ciò che accade tra gli atomi, e se volete sapere esattamente cosa accade, l’unica possibilità che avete per scoprirlo è leggervi il libro. “Gli elettroni non sono costituiti da particelle più piccole. A differenza degli atomi, non possono essere tagliati, divisi o spezzati. Sono semplicemente emanazioni del campo elettromagnetico, ne sono una sua espressione”, e per questo vengono definite particelle elementari. Differiscono dalle particelle virtuali, che sono mediatori di forza con lo scopo di “trasportare la forza elettromagnetica tra particelle elettricamente o magneticamente cariche” (p. 139), fotoni virtuali che permettono alle vostre numerose calamite colorate, cari ricordi di tante vacanze e gite, di attaccarsi al frigorifero e rimanerci, in tutto il loro abbacinante splendore. Qui scoprirete il pesante protone, di carica opposta all’elettrone, fatto di quark (up e down) e di  gluoni (da glue, colla, perché tengono insieme i quark) che insieme costituiscono i protoni dell’universo: “Se una persona che pesa 60 chili dovesse perdere tutti i suoi quark e i gluoni che li legano, si ridurrebbe all’istante al peso di 18 grammi. E morirebbe”... (pp. 151-152). Leggerete, inoltre, di neutroni, di mesoni, di forza nucleare debole e forza nucleare forte, di radioattività, di bosoni, di decadimento radioattivo, di neutrini (“la più minuta quantità di realtà mai immaginata da un essere umano”, p. 160), di raggi gamma, di luci, colori, temperature e altre mirabolanti avventure. Le particelle elementari come gli elettroni o i fotoni sono uguali sempre, dappertutto nell’universo. Noi stessi, non facciamo eccezione: “La vostra pelle, come tutta la materia del mondo, è fatta di atomi i cui strati esterni sono pieni di elettroni. Quando la luce del Sole li colpisce, questi atomi e i loro elettroni catturano alcuni fotoni che vengono trasformati in elettroni eccitati, elettroni che si muovono un po’ più velocemente, creando qual calore che il vostro corpo apprezza (oppure no)” (p. 140). È teoria cinetica del calore. Ed è anche un consiglio: usate sempre la protezione solare. E se pensate che tutto questo non abbia nulla a che fare con la nostra vita quotidiana, vi sbagliate di grosso. Oltre agli esempi spesso citati del PC dal quale state leggendo o del GPS, Galfard fa un esempio meno banale, che coinvolge l’antimateria, gli antielettroni previsti da Paul Dirac nel 1928 (li prevedeva la sua equazione…) e poi scoperti cinque anni dopo da Carl David Anderson (furono cinque lunghissimi anni, per Dirac...) e chiamati positroni: “Per eseguire una PET (tomografia a emissione di positroni), il medico inietta nel corpo del paziente un liquido tracciante che è radioattivo e che quando decade emette un positrone. I positroni si annichilano poi con gli elettroni, trasformandosi in potenti raggi gamma che vengono rilevati all’esterno del corpo dalla macchina PET, per ricostruire un’immagine 3D dei processi funzionali all’interno del corpo” (p. 188).  

Il molto molto

Negli ultimi due capitoli Galfard mette da parte le molte certezze e ci pone di fronte ai misteri – di capitale importanza – la cui eventuale soluzione darà alle generazioni future adrenalina a disposizione forse per sempre… Parliamo di Big Bang ("il momento in cui l'energia contenuta nel grande campo unificato ha cominciato a trasformarsi in particelle", p. 196), di buchi neri e della materia di cui è fatto l’universo. Perché ciò che abbiamo visto fin qui è una piccolissima parte del tutto. La materia conosciuta, che siano fotoni, neutrini, panini al prosciutto o stelle di plasma incandescente, ammonta alla ridicola quantità di 4,6 % della materia complessiva di cui è fatto l’universo! Il 23 %, invece, è materia oscura: “Sappiamo dov’è. Abbiamo mappe della sua presenza dentro e attorno a galassie di tutto l’universo. Abbiamo anche vincoli rigidi su ciò che non è, ma non abbiamo idea di cosa sia” (p. 232). Il 72 %, infine, è energia oscura: l’elemento più presente, nonché “uno dei più grossi misteri mai incontrati dal genere umano” (p. 240). Si sa che è responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’universo, un’espansione che in teoria dovrebbe rallentare. È dal 1998 che si conosce questa accelerazione, e qualunque cosa sia l’energia oscura, ha “la capacità di agire come una forza antigravitazionale, cioè respingendo la materia e l’energia anziché attrarle” (p. 239). Lasciandovi all'entusiasmante piacere di scoprire il resto (non solo fino ai confini dell'universo e del muro di Planck, ma fino ai confini dell'umana comprensione), vediamo perché leggere questo riuscito saggio.  

Perché leggerlo

Nella prefazione di nemmeno mezza pagina Galfard promette che nel libro ci sarà una sola equazione (promessa mantenuta grazie al genio di Einstein, peraltro protagonista dell’unica immagine contenuta nel libro), e rivela la sua ambizione: “che questo libro non lasci indietro nemmeno un lettore”. Se ci sia riuscito o meno, non sta a noi dirlo. Possiamo dire che nonostante la vastità e complessità dei contenuti, Galfard è un divulgatore fuoriclasse. Se qualcuno si perderà nella meccanica quantistica, poco male. Succede anche ai fisici, a quanto si dice in giro. Oltre a questo pregio, il saggio ha almeno tre punti di forza:
  • Gli escamotage narrativi funzionano, e calano il lettore in una realtà lontanissima dalla nostra quotidianità utilizzando paradossalmente i nostri sensi e la nostra quotidianità;
  • Le immagini e gli esempi sono molto efficaci;
  • Il libro è aggiornato agli inizi del 2016 (è presente la scoperta delle onde gravitazionali), il che lo rende in pratica un compendio di quanto si sa fino a oggi.
Il confronto con La realtà non è come ci appare di Carlo Rovelli è inevitabile. Rovelli ha un approccio storico-filosofico. Galfard no: i fisici vengono nominati e trattati, certo, ma sono gli oggetti indagati il centro di tutto, più precisamente gli oggetti indagati da noi che osserviamo immedesimandoci in quella realtà abissale e incomprensibile. Inoltre in Rovelli prevalgono umiltà e dedizione al metodo scientifico, in Galfard invece sono forti sicurezza e ironia. In entrambi, la teoria di partenza per cercare risposte è la gravità quantistica, ovvero la teoria che cerca di coniugare relatività di Einstein (gravità) e meccanica quantistica/teoria dei quanti (precisissima, ma che esclude la gravità), per una Teoria del tutto che oggi appare ancora irraggiungibile. All’interno di questo punto in comune, una enorme distanza li separa. Rovelli indaga la gravità quantistica a loop, Galfard la più nota (anche grazie alla popolarità di Stephen Hawking), ma priva di riscontri sperimentali, teoria delle stringhe con cui il libro si chiude, fra mille giramenti di testa e stupori. Per chiudere, due piccole curiosità. Alla fine del volume è presente una bibliografia dei volumi davvero fondamentali secondo Galfard. In tutto sono tredici. Uno è di Rovelli, mai tradotto in Italia e non divulgativo: Quantum Gravity, Cambridge University Press, 2007. L’altro che ha attirato la nostra attenzione è l’unico libro, dei tredici, tradotto in Italia: Steven Weinberg, La teoria quantistica dei campi, Zanichelli, 1999. immagine in evidenza: Nasa 
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Galfard 02
Galfard 02

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