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Quanto ne sai sul cambiamento del clima?

3. Che cos’è l’effetto serra e perché sta aumentando?

Un fenomeno benefico per la vita si sta trasformando in una minaccia globale per la biosfera; e i responsabili siamo noi.

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L’espressione effetto serra indica l’accumulo di energia solare che fa aumentare la temperatura in un sistema chiuso. Il nome deriva dal fatto che un esempio di questo fenomeno si ha nelle serre dove coltiviamo le piante quando fa freddo.

Con un meccanismo diverso l’effetto serra si verifica in modo naturale anche nell’atmosfera terrestre, perché questa contiene particolari gas – detti appunto gas-serra – capaci di catturare energia e riscaldare la superficie del pianeta.

L’effetto serra naturale è benefico, perché rende possibile la vita sul nostro pianeta. Se però l’entità del fenomeno aumenta, l’atmosfera si surriscalda e il clima cambia, con possibili conseguenze disastrose per la biosfera.

La spiegazione più probabile del riscaldamento globale che si osserva oggi nel mondo è proprio un aumento dell’effetto serra.
Questo aumento, come vedremo, è antropogenico, cioè provocato dalle attività umane: stiamo infatti riversando nell’atmosfera quantità enormi di gas-serra, che si aggiungono a quelli già presenti e generano effetto serra addizionale.

Per inquadrare il problema è utile esaminare il bilancio energetico della superficie terrestre, che è piuttosto complesso. Come introduzione, consideriamo ciò che accade in un sistema semplice poco lontano da noi, il nostro satellite naturale.

Sulla Luna non c’è clima

Il bilancio energetico della superficie lunare è molto semplice:

  • dal Sole arriva radiazione che in media, nell’anno e per ogni metro quadrato di superficie lunare, rilascia una potenza (la quantità di energia solare in arrivo ogni secondo) di 340 watt [1];
  • la Luna ha un’albedo che vale circa 0,12: riflette infatti nello spazio 40 W/m2, che è il 12% dei 340 W/m2 che riceve dal Sole; di notte vediamo la Luna proprio grazie a questa luce riflessa;
  • i restanti 300 W/m2 della potenza solare sono assorbiti dalla superficie lunare, che si riscalda e li riemette nello spazio come radiazione infrarossa, a frequenza più bassa rispetto alla luce visibile che ha ricevuto.

Sulla Luna si ha una fortissima escursione termica: il suolo lunare esposto alla luce del Sole si riscalda fino a 130 °C, ma quando è in ombra si raffredda rapidamente fino a -170 °C.
Così le diverse parti di una stessa roccia ― o della tuta di un astronauta ― possono in un dato istante avere temperature che differiscono tra loro di 300 °C.

Tutto questo accade perché la Luna non ha un’atmosfera, né masse d’acqua come gli oceani terrestri. Perciò sulla Luna non ci sono fenomeni meteo come quelli terrestri (vento, precipitazioni, correnti) in grado di ridistribuire l’energia solare, e quindi non si può parlare di clima lunare.

Il bilancio energetico della superficie terrestre

La Terra invece ha un’atmosfera, che funge da importante «cuscinetto» tra il momento in cui l’energia solare arriva sul pianeta e quello in cui viene riemessa nello spazio. Insieme alle correnti oceaniche l’atmosfera terrestre determina il clima: con i venti distribuisce il calore in tutto il globo e attenua così anche l’escursione termica tra il dì e la notte.

La presenza dell’atmosfera rende il bilancio energetico terrestre molto più articolato di quello lunare; una versione semplificata è illustrata dalla figura seguente.
A sinistra il disegno mostra la radiazione solare in arrivo. Terra e Luna in media sono alla stessa distanza dal Sole, quindi anche la Terra riceve una potenza solare media annuale di 340 W/m2.

Di questo flusso di energia le nubi e il pulviscolo atmosferico riflettono nello spazio 75 W/m2, poi la superficie del pianeta riflette altri 25 W/m2. La Terra ha quindi un’albedo di circa 0,3: riflette 100 W/m2 dei 340 W/m2 che riceve dal Sole.

I restanti 240 W/m2 riscaldano il pianeta: un terzo (80 W/m2) è assorbito direttamente dall’atmosfera, mentre gli altri due terzi (160 W/m2) vanno a riscaldare la superficie terrestre (e sono assorbiti per lo più dall’acqua degli oceani).

In alto a destra il disegno mostra che anche la radiazione che lascia il pianeta ammonta a 240 W/m2. In condizioni normali, infatti, il bilancio energetico terrestre è in equilibrio: in ogni dato intervallo di tempo, tutta l’energia solare assorbita viene riemessa nello spazio.

Va notato che in questo bilancio sia la superficie terrestre sia l’atmosfera sono in equilibrio termico [2]:

  • la superficie riceve 480 W/m2 (160 W/m2 dal Sole e 320 W/m2 dall’atmosfera) ed emette 480 W/m2 verso l’atmosfera;
  • l’atmosfera riceve 560 W/m2 (80 W/m2 dal Sole e 480 W/m2 dalla superficie terrestre) ed emette 560 W/m2 (320 W/m2 verso la superficie e 240 W/m2 verso lo spazio esterno).

I due grandi flussi di energia sulla destra del disegno sono la chiave per capire il clima terrestre e i suoi cambiamenti.

La temperatura del pianeta è tale che la sua superficie emette energia in forma di radiazione infrarossa, irraggiandola verso l’alto.
Questa radiazione che noi non vediamo (ha frequenza molto minore rispetto alla luce visibile) non attraversa liberamente l’atmosfera: infatti l’aria contiene i cosiddetti gas-serra, che «catturano» la radiazione infrarossa e la riemettono in tutte le direzioni, quindi anche verso la superficie terrestre.

La radiazione di ritorno emessa dai gas-serra riscalda ulteriormente la superficie terrestre, che così emette altra radiazione infrarossa verso l’alto, per poi vedersela rispedire di nuovo in gran parte verso il basso dall’atmosfera. Questo «ping pong radiativo», che impedisce al pianeta di raffreddarsi troppo, è l’effetto serra.

L’atmosfera terrestre dunque è un serbatoio di energia solare: la imprigiona e l’accumula, come una coperta protettiva intorno alla Terra, prima di riemetterla nello spazio.

C’è un dato che merita di essere sottolineato: la potenza della radiazione di ritorno (320 W/m2) è due volte più grande di quella solare che riscalda direttamente la superficie del pianeta (160 W/m2)! Ciò fa capire quanto l’effetto serra sia determinante per il nostro clima.

I gas-serra

I principali gas-serra sono il vapore acqueo (H2O), l’anidride carbonica o diossido di carbonio (CO2) e il metano (CH4). Altri gas-serra di rilievo sono il protossido di azoto (N2O), l’ozono (O3) e composti come i CFC (clorofluorocarburi).

Le molecole di questi gas, quando sono investite dai raggi infrarossi, «risuonano» un po’ come la cassa armonica di una chitarra quando si pizzica una corda. Assorbono così l’energia della radiazione, entrano in uno stato di vibrazione elettromagnetica e poi tornano al loro stato normale emettendo altra radiazione infrarossa in tutte le direzioni.

In questo modo i gas-serra intrappolano il calore emesso dal pianeta, impedendogli di lasciare l’atmosfera e disperdersi nello spazio.

Esistono anche gas-serra, come il monossido di carbonio (CO), che non producono un effetto serra significativo, perché sono molto reattivi e così rimangono nell’atmosfera per poco tempo.

L’anidride carbonica e il metano invece possono restare nell’aria per decenni o per secoli e il vapore acqueo è continuamente rifornito all'atmosfera dal ciclo naturale dell'acqua.

L’effetto serra e la vita

Senza effetto serra non ci sarebbe vita sulla Terra.
Si può calcolare infatti che, se l’effetto serra non esistesse, la temperatura media della superficie terrestre sarebbe -18 °C, come in un congelatore: il nostro pianeta sarebbe un deserto di ghiaccio.

Grazie all’effetto serra naturale, invece, la temperatura media è +14 °C e la presenza di acqua liquida rende possibili le reazioni biochimiche caratteristiche degli organismi viventi.

L’aria è fatta per quasi quattro quinti (78%) di azoto e per più di un quinto (21%) di ossigeno, con poco meno dell’1% di argon. Questi tre gas non sono gas-serra: sono trasparenti al passaggio della radiazione infrarossa.

Dobbiamo perciò la vita alle «impurezze» dell’atmosfera: i gas-serra, pur essendo presenti nell’aria soltanto in tracce, hanno come abbiamo visto un impatto molto importante sul bilancio energetico terrestre.

Ciò significa anche, però, che l’effetto serra diventa più intenso, con conseguenze importanti sul clima, se la concentrazione dei gas-serra nell’aria aumenta; ed è proprio quello che sta accadendo oggi.

La curva di Keeling

Nel 1958 il geochimico statunitense Charles David Keeling installò un accurato strumento di sua costruzione nell’osservatorio di Mauna Loa alle isole Hawaii, in mezzo all’Oceano Pacifico, e iniziò a misurare la concentrazione di anidride carbonica nell’aria.

Keeling continuò a seguire le misurazioni per quasi cinquant’anni; dopo la sua morte nel 2005 l’attività prosegue ancora oggi a cura del figlio Ralph, climatologo.

I dati aggiornati quotidianamente si possono trovare online e formano la curva di Keeling, uno tra i risultati più belli e importanti nella storia della ricerca scientifica.

La curva di Keeling è importante perché fotografa in tempo reale un fenomeno probabilmente decisivo per il cambiamento climatico in corso sulla Terra.

Il forte aumento della concentrazione di CO2 nell’aria, cresciuta di ben un terzo negli ultimi 60 anni, produce infatti certamente un aumento dell’effetto serra: è quindi una probabile causa del surriscaldamento globale osservato oggi nell’atmosfera.

La curva di Keeling è anche un risultato sperimentale di grande bellezza, perché misura il «respiro» della biosfera: le sue oscillazioni regolari, infatti, riflettono il metabolismo delle foreste dell’emisfero boreale.

In primavera la concentrazione della CO2 inizia a diminuire: la vegetazione sta mettendo le foglie e inizia a fare la fotosintesi, che ha l’anidride carbonica come reagente.
D’estate la CO2 diminuisce ancora, poi risale in autunno e in inverno quando le foglie cadono; quindi il ciclo ricomincia.

Nell’emisfero australe la sequenza delle stagioni è opposta ma l’effetto sulla curva globale è trascurabile, perché ci sono meno terre emerse e molta meno vegetazione.

Mai prima così tanta CO2 nell’aria

Le oscillazioni stagionali della curva di Keeling sono interessanti, ma ciò che conta per il clima è il valore medio annuale della concentrazione di CO2 nell’aria, che come abbiamo visto sta rapidamente aumentando nel tempo.

Per capire quanto sia straordinario questo aumento, è bene osservare attentamente il grafico seguente: mostra la concentrazione di CO2 misurata nell’«aria fossile» imprigionata nei ghiacci profondi della calotta antartica.

Le trivellazioni effettuate nell'ambito del progetto di ricerca europeo EPICA hanno raggiunto strati di ghiaccio formatosi 800 000 anni fa e hanno evidenziato che mai, da allora fino alla Rivoluzione industriale dell’Ottocento, nell’aria ci sono state più di 300 parti per milione di CO2.

La parte finale della curva, all’estrema destra del grafico, mostra che cosa è accaduto negli ultimi 150 anni (gli ultimi 60 sono misurati dalla curva di Keeling): la concentrazione di CO2 è schizzata verso l’alto, in un tempo brevissimo rispetto alla «normale» scala dei tempi delle oscillazioni associate alle ere glaciali.

Oggi l’atmosfera contiene più di 400 parti per milione di CO2; in altre parole, l’anidride carbonica rappresenta lo 0,04% dell’aria.

Mai prima così tanto metano nell’aria

Nel caso del metano la concentrazione nell’aria è addirittura più che triplicata rispetto al valore medio degli ultimi 800 000 anni. Come mostrano i dati della figura seguente, l’aumento oggi continua a ritmi sostenuti: +10% negli ultimi 30 anni.

Nell’aria oggi ci sono meno di 2 parti per milione di metano (0,0002%), quindi la sua concentrazione è duecento volte minore rispetto a quella dell’anidride carbonica.

Come gas-serra però il metano è 25 volte più efficiente rispetto alla CO2, perciò il suo ruolo nell’incremento dell’effetto serra sta diventando significativo.

E il vapore acqueo?

Il vapore acqueo è il principale gas-serra, responsabile all’incirca del 50% dell’effetto serra naturale nell’atmosfera terrestre.

Dalla termodinamica sappiamo che l’aria, quando si riscalda, può ospitare una quantità maggiore di vapore acqueo prima di saturarsi: per ogni aumento di temperatura di 1 °C la concentrazione del vapore acqueo nell’atmosfera aumenta del 7% (lo prevede l’equazione di Clausius–Clapeyron).

L’effetto serra è quindi soggetto a un pericoloso feedback positivo: se aumenta, fa salire la temperatura; ciò fa aumentare la concentrazione del vapore acqueo, che produce un effetto serra ancora maggiore.

L’effetto serra aumenta: colpa delle nostre emissioni

Nel valutare il bilancio energetico terrestre abbiamo supposto che esso fosse in pareggio, con flussi netti uguali in entrata e in uscita.

Attualmente, in realtà, non è così: le evidenze del riscaldamento globale indicano che la potenza emessa dal pianeta oggi è minore di quella solare che lo riscalda.

Secondo i risultati degli studi quantitativi più recenti, il ritmo osservato di aumento della temperatura media globale corrisponde a uno squilibrio nei flussi di energia dell’ordine di 2 W/m2. La Terra cioè assorbe 240 W/m2 di energia solare ma riemette nello spazio soltanto 238 W/m2.

In altre parole, per spiegare il riscaldamento globale in atto basta supporre che la radiazione di ritorno dovuta all’effetto serra sia aumentata di 2 W/m2 (meno dell’1% del suo valore-base, 320 W/m2).

Questo forzante radiativo, capace di provocare importanti cambiamenti del clima, è esattamente ciò che ci si deve aspettare come conseguenza dell’aumento della concentrazione dei gas-serra nell’atmosfera.

L’incremento dell’effetto serra è dovuto soprattutto all’anidride carbonica che emettiamo nell’aria:

  • la maggior parte delle nostre emissioni - oltre tre quarti - proviene dall’uso dei combustibili fossili che bruciamo nelle centrali termoelettriche per produrre energia, negli impianti di condizionamento dell’aria e nei mezzi di trasporto con motore termico; la combustione del carbone, del gas metano o dei derivati del petrolio, infatti, libera CO2 nell’aria;
  • altra CO2 è un prodotto delle reazioni chimiche sviluppate nei processi industriali, in particolare durante la produzione del cemento;
  • la deforestazione contribuisce alle emissioni quando si distrugge la vegetazione con incendi; le piante rimosse, inoltre, smettono di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera; il caso più drammatico è quello della foresta pluviale dell’Amazzonia.

Nel complesso oggi rilasciamo nell’aria circa 40 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno, ossia circa 1300 tonnellate di CO2 al secondo. Per dare un’idea del significato di questi numeri [3]:

  • è come se 10 miliardi di auto a benzina – più di una per abitante del pianeta, bambini compresi – ogni anno facessero un giro di 40 000 km intorno al pianeta;
  • oppure è come se ogni secondo, giorno e notte, liberassimo nell’atmosfera l’equivalente di 200 grandi mongolfiere piene di anidride carbonica.

Stiamo alterando il ciclo del carbonio

Ogni persona in media emette, attraverso l’aria espirata, 1 kg di CO2 al giorno: è prodotta dalla respirazione cellulare, il processo di combustione con cui le nostre cellule si procurano l’energia necessaria per vivere.

Dunque l’umanità, 8 miliardi di persone, ogni anno emette circa 3 miliardi di tonnellate di CO2: è quasi un decimo del totale delle emissioni della nostra civiltà industriale.
E stiamo parlando soltanto di noi: se si contassero tutti gli altri animali viventi sulla Terra, la quantità di CO2 emessa sarebbe ben superiore a quella dovuta alle attività umane.

Dove sta allora il problema? Perché preoccuparsi tanto delle emissioni antropogeniche?
Il fatto è che tutto il carbonio emesso dagli animali proviene dal loro cibo, cioè dalle piante, che l’hanno prodotto pochi mesi o anni prima con la fotosintesi, usando come reagente anidride carbonica che hanno estratto dall’aria.

Le emissioni legate alla respirazione fanno dunque parte di un ciclo del carbonio che ricicla continuamente la CO2, senza alterare la sua concentrazione nell’atmosfera.

Il problema costituito dall’impiego dei combustibili fossili è riassunto nell’aggettivo fossili: estraiamo il loro carbonio dal sottosuolo, dov’era imprigionato da decine o centinaia di milioni di anni, e lo riversiamo nell’aria.

Con le emissioni prodotte bruciando i combustibili fossili, perciò, stiamo modificando in modo significativo il naturale ciclo del carbonio che determina il bilancio di CO2 nell’atmosfera; lo dimostrano i dati della curva di Keeling.

Un confronto appropriato per le nostre emissioni è quello con le esalazioni prodotte dai vulcani, che pure liberano nell’aria carbonio imprigionato nel sottosuolo. Secondo le stime dei geologi ogni anno le zone vulcaniche emettono in media 300 milioni di tonnellate di CO2: è dunque meno dell’1% di quanto stiamo emettendo noi.

Le emissioni di metano

Anche nel caso del metano appare chiaro che l’aumento della sua concentrazione nell’atmosfera è antropogenico.

Grandi quantità di gas naturale (costituito per lo più da CH4) sono rilasciate infatti nell’aria quando si estrae il petrolio. Inoltre le reti di distribuzione che trasportano il gas fino alle nostre case hanno perdite non trascurabili.

Un’altra fonte importante di metano sono gli allevamenti di bovini e ovini; nel loro apparato digerente infatti vivono in simbiosi batteri metanogeni, che li aiutano a digerire la cellulosa.

Oggi nel mondo i ruminanti sono più di 1 miliardo e si stima che da loro provenga quasi il 10% delle emissioni antropogeniche di gas-serra (per confronto, i mezzi di trasporto sono responsabili del 15% circa del totale).
Le discariche di rifiuti danno un ulteriore contributo al rilascio di metano nell’atmosfera.

Un caso molto preoccupante è quello del permafrost, il suolo ghiacciato delle regioni artiche, che imprigiona enormi quantità di metano.

Con il pronunciato riscaldamento in corso vicino al polo nord, il suolo d’estate fonde e il  permafrost rilascia metano nell’atmosfera, alimentando ancora di più l’effetto serra.
Questo è un altro esempio di feedback positivo, cioè di circolo vizioso che si autoalimenta e rischia perciò di far accelerare il cambiamento climatico.

Cerchiamo di non finire come Venere

Venere è il «pianeta gemello» della Terra: ha quasi le stesse dimensioni e orbita non lontano da noi, un po’ più vicino al Sole.

Nonostante il nome romantico, però, Venere è un inferno avvolto da nubi perenni e con condizioni ambientali terribili: la superficie ha una temperatura media di 460 °C, è il luogo più caldo del Sistema solare al di fuori del Sole.

Questo è il risultato di un effetto serra estremamente intenso, dovuto al fatto che l’atmosfera venusiana è fatta per più del 95% di anidride carbonica.

L’esempio di Venere deve servirci da ammonimento: non possiamo lasciar aumentare l’effetto serra, perché i meccanismi di retroazione del sistema climatico potrebbero innescare una spirale di riscaldamento incontrollabile.

Ecco perché la riduzione radicale delle nostre emissioni di gas-serra deve essere la priorità assoluta nelle strategie per contrastare il cambiamento climatico.

Note

[1] La Terra e la Luna distano in media dal Sole 1 unità astronomica, pari a 150 milioni di km. A questa distanza l’irradianza della nostra stella - cioè la potenza della radiazione che investe l’unità di area perpendicolare ai raggi solari – è 1360 kW/m2, detta costante solare. Terra e Luna ricevono quindi una potenza pari alla costante solare per πR 2, dove R è il raggio del corpo celeste. Questa potenza si distribuisce sull’intera superficie sferica, che ha area 4πR 2, dunque la densità di potenza media in arrivo è un quarto della costante solare: 340 kW/m2.

[2] Il bilancio energetico terrestre è tratto dall’articolo del 2009 di Trenberth, Fasullo e Kiehl. Per semplicità abbiamo inglobato nella radiazione infrarossa emessa dal pianeta anche gli effetti delle correnti termiche e l’energia trasferita all’atmosfera per evaporazione e traspirazione, trascurando il ruolo radiativo delle nubi e la radiazione trasmessa direttamente allo spazio esterno attraverso la cosiddetta finestra atmosferica. Abbiamo inoltre arrotondato i valori numerici così da semplificare i calcoli dei bilanci parziali per la superficie terrestre e l’atmosfera.

[3] Un’auto a benzina emette circa 100 g di CO2 per ogni km percorso e l’equatore è lungo 40 000 km. Quindi 10 miliardi di auto che fanno il giro dell’equatore emettono (1010 auto) x (4 x 104 km/auto) x (102 g di CO2/km) = 4 x 1016 g di CO2 = 40 miliardi di tonnellate di CO2.
Una mongolfiera ha un volume di circa 3000 m3. La CO2 alla pressione atmosferica e a 0 °C ha una densità di circa 2 g/L, cioè 2 kg/m3. Quindi la CO2 contenuta in una mongolfiera avrebbe una massa di 3000 m3 x 2 kg/m3 = 6000 kg = 6 tonnellate e le nostre emissioni (circa 1300 tonnellate di CO2/s) equivalgono a svuotare in atmosfera circa 200 mongolfiere di CO2 ogni secondo.

Mettiti alla prova

Quanto ne sai sul cambiamento del clima?

  1. Che cos’è il clima e quali fenomeni lo influenzano?
  2. Quali sono le evidenze del riscaldamento globale?
  3. Che cos’è l’effetto serra e perché sta aumentando?
  4. Quali saranno le conseguenze del riscaldamento globale?
  5. Che cosa si sta facendo per frenare il riscaldamento globale? 
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(immagine: Shutterstock)
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In grandi distese di permafrost il suolo oggi fonde d’estate (immagine: Shutterstock)
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Un effetto serra estremo fa di Venere il pianeta più caldo del Sistema solare (immagine: Pixabay)
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L'aumento della concentrazione d’anidride carbonica nell’atmosfera negli ultimi 60 anni. Fonte: Mauna Loa Observatory.

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La concentrazione odierna dell’anidride carbonica nell’atmosfera è senza precedenti. Fonte: European Project for Ice Coring in Antarctica

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Le oscillazioni della curva di Keeling riflettono il «respiro» della biosfera
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La concentrazione del metano nell’atmosfera (qui in parti per miliardo) è in rapida crescita. Fonte: EPICA, Nature
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Il bilancio energetico della Terra (tutti i valori sono in W/m2)
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L’escursione termica sul suolo lunare è fortissima
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Il bilancio energetico della Luna (tutti i valori sono in W/m2)
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I principali gas-serra dell’atmosfera terrestre
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