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Voci in Agenda: epiche spedizioni e ricerca estrema in Antartide

In questa decima puntata parliamo delle prime esplorazioni del continente di ghiaccio e di come oggi sia diventato un laboratorio scientifico senza uguali

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Le prime spedizioni alla scoperta dell’Antartide e alcune delle ricerche portate avanti oggi nel continente di ghiaccio sono le protagoniste della decima puntata di Voci in Agenda. Nel primo podcast ascoltiamo le incredibili storie degli esploratori che all’inizio del Novecento raggiunsero il Polo Sud mettendo a rischio la propria vita; nel secondo voliamo in Antartide per parlare delle ricadute che la biodiversità microbica presente in questi ambienti estremi può avere nel settore delle biotecnologie.

1. Alla disperata conquista del Sud del mondo

Mentre in Europa si sta combattendo la Prima Guerra Mondiale, l’esploratore britannico Ernest Shackleton è in Antartide. Non è la prima volta che si trova da quelle parti. Ha alle spalle diverse missioni nel continente di ghiaccio. Questa volta è partito il 1° agosto 1914 da Londra a bordo della nave Endurance insieme ad altri 27 uomini, ed è a capo della spedizione imperiale Trans-Antartica. L’obiettivo della spedizione è a dir poco ambizioso: attraversare per la prima volta nella storia l’intero continente antartico, da costa a costa. La Endurance raggiunge il Mare di Weddell, nella parte nord-occidentale del continente, all’inizio del 1915 e lì si arena nella banchisa. Rimane bloccata nel ghiaccio per nove mesi e, infine, affonda. Oggi il suo relitto è ancora lì: nel 2022 è stato individuato a una profondità di quasi 3000 m, non lontano dal luogo di inabissamento. L’affondamento della Endurance è la fine della spedizione Trans-Antartica, ma l’inizio della lotta per la sopravvivenza di tutto l’equipaggio, un’avventura ricordata ancora oggi come una delle prove più eroiche in ambienti inospitali.

Senza mezzi di comunicazione, Shackleton sa che nessuno verrà a cercare la nave imprigionata dai ghiacci: l’unica speranza è raggiungere il porto più vicino. Dopo una navigazione tumultuosa su una scialuppa di salvataggio, insieme ad alcuni uomini Shackleton raggiunge una piccola isola nell’Atlantico meridionale, la Georgia del Sud, di proprietà dell’impero britannico. Ma l’avventura non finisce qui: l’unico porto disponibile è dalla parte opposta dell’isola e una montagna separa il gruppo ormai esausto dalla stazione baleniera che li può soccorrere. Gli uomini percorrono tutta l’isola a piedi attraverso montagne e ghiacciai e, contro ogni aspettativa, riescono a organizzare la spedizione per mettere in salvo anche il resto dell’equipaggio rimasto in Antartide: nemmeno un uomo muore in questa spedizione.

Per questa prova di coraggio e resistenza, ancora oggi Ernest Shackleton è ricordato come uno dei grandi esploratori dell’epoca eroica delle spedizioni antartiche. Ma la storia che ci racconta Lara Rossi non riguarda Shackleton. Si svolge pochi anni prima. I protagonisti sono il norvegese Roald Amundsen e il britannico Robert Falcon Scott, i due esploratori che a distanza di poche settimane l’uno dall’altro raggiunsero per primi il Polo Sud.

2. Non solo cambiamento climatico

I ghiacci polari conservano la memoria più incontaminata del clima del passato: un archivio che possiamo consultare mediante l’estrazione di lunghi cilindri di ghiaccio di una decina di centimetri di diametro. Quelli che, in gergo, sono chiamati carote di ghiaccio. Il primo carotaggio in Antartide è del 1968, e da allora sono state ripetute numerose estrazioni, di cui la più importante è quella del progetto europeo EPICA. Questo carotaggio ha raggiunto nel 2005 la profondità di 3260 m e la carota ottenuta è un archivio-record della storia climatica degli ultimi 800.000 anni del pianeta.

Il nuovo progetto Beyond Epica, attualmente in corso, ha un obiettivo ancora più ambizioso: ricostruire le condizioni climatiche del pianeta fino a un milione e mezzo di anni fa. L’Italia è coordinatrice del progetto, e non è un caso: il nostro Paese è al centro di queste ricerche da quando, nel 1985, è stato istituito il Programma Nazionale delle Ricerche in Antartide, e da quando, nel 1988, è stata inaugurata la stazione italiana Baia Terra Nova, ribattezzata poi stazione Mario Zucchelli in onore di uno dei grandi protagonisti della ricerca italiana in Antartide.

L’Antartide però non è solo un laboratorio privilegiato di climatologia. Il continente antartico offre infatti condizioni uniche anche per chi si occupa di astronomia, geologia, biologia marina. Perfino microbiologia. Questo è il caso di Maurizio Azzaro, primo ricercatore dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr e responsabile della sede di Messina. Nell’ambito del PNRA, il Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, finanziato dal MUR e coordinato dal CNR per le attività scientifiche e dall’ENEA per l’attuazione logistica delle Spedizioni, il gruppo di ricerca di Maurizio Azzàro studia i microbi che vivono in queste zone estreme. Le loro funzionalità potrebbero trovare impiego nel settore biotecnologico, farmaceutico e agroalimentare. La loro biodiversità e le loro strategie di adattamento a climi estremi potrebbero invece essere utili per studiare le condizioni di vita in pianeti extraterrestri.

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Su Aula di Scienze abbiamo recentemente dedicato all’Antartide un paio di articoli firmati da Andrea Bettini: