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Speciale 2024 – La risorsa scarsa

Vecchie e nuove frontiere dell’irrigazione

L’agricoltura è il settore produttivo che utilizza più acqua e l’aumento delle annate siccitose richiede sistemi irrigui più efficienti e sostenibili

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Mai come nel 2022 si è compreso quanto l’acqua sia risorsa preziosa, visto che a causa della sua assenza sono andate perse in Italia diverse produzioni agricole con percentuali a due cifre. A testimoniarlo sono i dati Istat: il Report sull’andamento dell’economia agricola 2022 mostra che siccità e alte temperature hanno ridotto la produzione di legumi (–17,5%), olio d’oliva (–14,6%), cereali (–13,2%) e piante foraggere (-9,9%), ma anche ortaggi (–3,2%) e vino (-0,8%). Questo dato non è sorprendente, perché le precipitazioni sono in calo dal 1971 e ogni anno registra temperature medie più alte del precedente, come testimoniato dai dati del programma Copernicus.

Per trovare un rimedio a questa situazione servono soluzioni a vari livelli: costruire bacini per trattenere l’acqua (il cosiddetto piano laghetti) o tecnologie per dissalare l’acqua marina (di cui ha parlato Giancarlo Sturloni in questo articolo), varietà resistenti alla siccità (di cui ha parlato Mauro Mandrioli in questo articolo), tecnologie per irrigare in modo efficace.

Quattro metodi di irrigazione

Esistono molteplici metodi per irrigare le colture, alcuni più virtuosi, altri meno. In tal senso, nel prossimo futuro potremmo veder calare le tradizionali irrigazioni a scorrimento, cioè quelle più in voga nelle aree a indirizzo zootecnico della valle padana. Queste tecniche sono molto economiche in fase di acquisto poiché non richiedono impianti particolari, eccezion fatta per le pompe che aspirano l’acqua dal canale per trasferirla a terra lungo il bordo dell’appezzamento. Unici impegni per l’agricoltore sono la preparazione del terreno, tale da facilitare lo scorrimento dell’acqua da un capo all’altro del campo, e lo spostamento cadenzato del trattore dal quale la pompa è azionata. A tale uso, non per caso, vengono adibiti i trattori più vecchi delle aziende, anche per minimizzare i rischi in caso di furti.

Per quanto facile ed economica, questa tecnica implica però l’utilizzo di volumi di acqua importanti, di cui una buona parte filtra per giunta in profondità nel terreno prima che la lama di acqua che scorre in superficie abbia raggiunto il lato opposto. L’inutile percolazione di questi volumi implica due problemi distinti. Il primo, ovviamente, è lo spreco di acqua. Il secondo risiede invece nel fatto che tale percolazione trasporta più facilmente con sé agrofarmaci e fertilizzanti.

Sicuramente più efficienti e tecnologici, altri sistemi si sono quindi affiancati nel tempo alle tecniche per scorrimento cercando di imitare le piogge il più fedelmente possibile. Si tratta degli irrigatori semoventi suddivisi in due specifiche categorie.

La prima prevede i grandi impianti detti a Pivot. Questi sono molto efficienti dal punto di vista dell’erogazione omogenea dell’acqua, ma presentano dimensioni tali da poter essere usati solo su appezzamenti di grandi estensioni. La seconda è sicuramente più agile, perché sfrutta irrigatori in grado di spostarsi da un campo all’altro grazie a un semplice trattore. Sono i cosiddetti rotoloni, impianti ad aspersione che simulano su grande scala il funzionamento degli irrigatori da giardino. In sostanza, un cannone ruota lentamente sull’asse verticale dell’impianto, erogando fiotti ritmati di acqua a disegnare una semicirconferenza sul terreno. A fare ruotare l’irrigatore è infatti la pressione stessa dell’acqua, che colpisce un’aletta metallica collegata al cannone da una molla. Ciò imprime spinte ritmiche che portano il getto a spostarsi lentamente lungo il proprio raggio d’azione.

Per quanto questi sistemi siano meno costosi e più flessibili all’uso dei sistemi a Pivot, i rotoloni trovano un limite proprio nella forma semicircolare del loro raggio di azione, che genera sovrapposizioni più o meno significative del lavoro irriguo. Al termine di una giornata si possono infatti contabilizzare zone dei campi sulle quali l’acqua è stata erogata più volte, andando quindi in parte sprecata.

Altro difetto, comune però a entrambi i sistemi, è la perdita per evaporazione durante l’irrigazione. La pressione con cui l’acqua viene erogata produce infatti gocce dal diametro ridotto, più facilmente soggette quindi a evaporazione. Un fenomeno che si verifica specialmente quando in estate l’aria presenta temperature molto elevate. Inoltre, un’ulteriore quota di acqua andrà persa per evaporazione dalle superfici stesse della coltura. Quindi bene, ma non benissimo.

Tra le ultime frontiere delle tecniche irrigue si evidenziano infine i sistemi cosiddetti ad ali gocciolanti e quelli per subirrigazione. I primi prevedono la stesura in campo di manichette di materiale plastico dalle quali l’acqua fuoriesce lentamente tramite piccoli fori, venendo assorbita subito dal terreno alla base delle piante. I secondi implicano l’inserimento nel terreno stesso di tubazioni dalle quali l’acqua fuoriuscirà senza mai vedere la luce del Sole. In tal caso, l’evaporazione viene praticamente azzerata. Il terreno potrebbe infatti apparire completamente secco a prima vista, salvo essere adeguatamente umido pochi centimetri più sotto.

Per quanto tali sistemi siano sicuramente i più virtuosi, l’investimento iniziale in attrezzature e pompe è però molto elevato e per questo rappresenta un freno notevole. Auspicabile quindi che la politica comunitaria divenga più sensibile al riguardo, allocando specifici contributi atti a finanziare l’acquisto di sistemi irrigui sicuramente più costosi, ma molto più sostenibili sia dal punto di vista ambientale, sia produttivo.

Sensori per irrigare solo quando serve

Oltre a selezionare l’impianto irriguo più consono, in futuro diverrà sempre più strategico investire in strumentazioni in grado di individuare i corretti momenti di intervento per utilizzare l’acqua solo quando è strettamente necessario. Al momento esistono diversi sistemi basati su sensori che monitorano il grado di umidità del terreno e segnalano quando si giunge al punto oltre al quale le piante possono entrare in stress idrico. In commercio esistono diverse soluzioni in tal senso, alcune portatili, come per esempio quella brevettata recentemente dall’Università di Piacenza. Una volta installato in un campo, l’evaporimetro misura ogni due minuti il tasso di evapotraspirazione permettendo di monitorare pressoché in continuo le perdite di acqua dal terreno. In tal modo, tecnici e agricoltori possono seguire puntualmente l’entità della disponibilità idrica, compensando tempestivamente le perdite.

Idroponica: solo per colture iper specializzate
Esistono infine sistemi come l’idroponica che permettono di coltivare senza necessariamente contare sulla presenza di terreno. L’acqua circola infatti all’interno di sistemi chiusi e ospita le radici delle piante, somministrando loro anche i fertilizzanti secondo necessità. Per quanto tali sistemi colturali possano essere considerati virtuosi in termini idrici, fitosanitari e ambientali, hanno un ristretto campo di applicazione: impossibile infatti coltivare in tal modo cereali, soia, patate e colture oleaginose, cioè quelle dalle quali si ottiene la quasi totalità delle calorie e delle proteine di cui la nostra dieta ha bisogno.
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Il sistema di irrigazione a scorrimento (foto: Donatello Sandroni)

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A sinistra, un sistema di irrigazione Pivot; a destra un sistema a rotoloni (foto: Donatello Sandroni)

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 Un sistema di irrigazione a manichetta (foto: Donatello Sandroni)