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Il destino dei ghiacciai montani

Secondo le stime più ottimistiche, nei prossimi decenni ne scompariranno almeno la metà, con gravi conseguenze per le risorse idriche mondiali

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Nell’agosto del 2019, sulle pendici di un vulcano islandese si è svolto un insolito funerale. La solenne cerimonia, che si è tenuta in presenza della prima ministra islandese Katrín Jakobsdóttir, era infatti dedicata alla memoria del ghiacciaio Okjökull, prematuramente scomparso a causa del riscaldamento globale. Là dove per secoli il ghiaccio perenne aveva coperto il cono vulcanico, estendendosi su un’area di oltre 16 chilometri quadrati, ora non restava che qualche grande blocco di ghiaccio tra l’erba e la terra scura.

La cerimonia funebre si è conclusa con la posa di una targa commemorativa, una «Lettera al futuro» composta dallo scrittore Andri Snær Magnason: «Okjökull è il primo ghiacciaio islandese a perdere il suo status di ghiacciaio. Nei prossimi 200 anni si prevede che tutti i nostri ghiacciai facciano la stessa fine. Questo monumento testimonia che noi sappiamo cosa sta succedendo e cosa si dovrebbe fare». Infine, rivolgendosi a un lettore del futuro, conclude così: «Solo voi sapete se l’abbiamo fatto».

Il funerale del ghiacciaio Okjökull intendeva accendere i riflettori su uno degli effetti più tangibili dei cambiamenti climatici: la progressiva scomparsa dei ghiacciai montani a causa dell’aumento delle temperature globali. È un fenomeno che preoccupa sempre di più la comunità scientifica, sia perché queste enormi riserve di acqua dolce rischiano di andare perdute per sempre, stravolgendo equilibri millenari, sia perché il rapido ritiro delle masse ghiacciate suona come un campanello d’allarme per le sorti del clima.

Gli scenari climatici

Secondo un importante studio pubblicato a gennaio sulla rivista Science, i ghiacciai montani si stanno ritirando più fretta di quanto si pensava, al punto che due terzi potrebbe scomparire già entro la fine del secolo. I ricercatori hanno studiato oltre 215.000 ghiacciai montani in ogni regione del mondo e simulato cosa potrebbe accadere con il progressivo aumento delle temperature. I risultati mostrano che persino nelle scenario più favorevole, cioè se riuscissimo a limitare il riscaldamento del pianeta a 1,5°C grazie a una drastica riduzione delle emissioni dei gas serra, la metà dei ghiacciai montani sarebbe comunque destinata a scomparire. Mentre nello scenario peggiore, con un aumento della temperatura globale di 4°C, andrebbe perduto circa l’80% dei ghiacciai montani del mondo.

I primi a soccombere saranno i ghiacciai più piccoli, cioè con un’estensione inferiore a un chilometro quadrato. Gli autori dello studio sottolineano che è sufficiente un incremento della temperatura media globale di 2,7°C – che corrisponde al riscaldamento atteso se tutti gli impegni presi finora dai governi per limitare le emissioni di gas serra fossero davvero rispettati – affinché intere regioni del Nord America e dell’Europa centrale restino senza ghiacciai.

Questo significa che nemmeno rispettare gli impegni presi basterebbe: servono interventi ancora più ambiziosi per tagliare le emissioni se vogliamo evitare che dei ghiacciai alpini non resti più alcuna traccia. Lungo l’arco montuoso delle Alpi, che abbraccia Francia, Svizzera, Italia, Austria e Slovenia, un aumento della temperatura globale di 2,7°C comporterebbe infatti un perdita del 94% della massa complessiva dei ghiacciai, mentre con un aumento di 4°C scomparirebbe il 99% della massa ghiacciata.

I ghiacciai italiani

Il nuovo Catasto dei ghiacciai italiani cataloga 901 ghiacciai alpini, a cui si aggiungono due ghiacciai appenninici, che si sono formati in seguito alla recente frammentazione del ghiacciaio del Calderone, sul Gran Sasso, in Abruzzo. Confrontando il nuovo Catasto con l’inventario precedente, che risaliva al periodo 1959-1962, si comprende che la superficie complessiva dei ghiacciai italiani si è già ridotta di circa un terzo in poco meno di 60 anni.

Molti dei ghiacciai italiani, inoltre, avendo dimensioni ridotte ed essendo esposti a sud dove l’insolazione è maggiore, risultano particolarmente vulnerabili. Secondo lo studio pubblicato da Science, anche con un aumento della temperatura media globale di 1,5°C il destino di gran parte dei nostri ghiacciai presenti sulle Alpi orientali e dei due ghiacciai appenninici sarebbe segnato. Un aumento di 3°C metterebbe a rischio anche i ghiacciai italiani delle Alpi occidentali.

L’equilibrio perduto

È un processo cominciato verso la metà dell’Ottocento, con l’impiego massiccio dei combustibili fossili e l’immissione in atmosfera di grandi quantità di gas serra che causano il riscaldamento globale. Si stima che dal 1850 a oggi il volume dei ghiacciai alpini si sia ridotto di circa il 60%. Ma la velocità con cui i ghiacci si ritirano ha subito una crescente accelerazione nell’ultimo decennio. Del resto, gli ultimi otto anni, dal 2015 al 2022, sono stati i più caldi mai registrati a livello globale. Inoltre, come riporta l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, la temperatura sulle Alpi è già cresciuta di 2°C, quasi il doppio della media globale.

Tutto questo ha alterato le condizioni climatiche che consentono l’esistenza dei ghiacciai montani, risultato di un equilibrio dinamico fra l’accumulo di neve e ghiaccio che avviene in quota durante l’inverno e la fusione che caratterizza il periodo estivo. Oggi, a causa dell’aumento delle temperature, questo equilibrio millenario si è spezzato: le precipitazioni nevose diminuiscono, le temperature più alte ostacolano la formazione del ghiaccio, la fusione estiva supera l’accumulo invernale, cosicché anno dopo anno l’estensione e lo spessore dei ghiacciai si riducono, fino alla definitiva scomparsa.

Siccità e inondazioni

La perdita dei ghiacciai avrà conseguenze sia a livello globale che a livello locale. A livello globale, infatti, la fusione di queste enormi masse di acqua ghiacciata contribuirà a innalzare il livello dei mari, mettendo in pericolo l’abitabilità di ampie regioni costiere. L’acqua di fusione dei ghiacciai montani è responsabile di circa il 5% dell’aumento del livello del mare osservato negli ultimi 20 anni.

A livello locale, invece, la perdita di questi grandi serbatoi d’acqua dolce minaccia di aggravare i periodi di siccità estivi, quando il disgelo sopperisce alla scarsità delle piogge liberando una preziosa riserva d’acqua, essenziale per la flora e la fauna, ma anche per molte attività umane, dall’agricoltura alla produzione di energia idroelettrica. È un fenomeno già in atto nel Nord Italia, dove l’estate scorsa la siccità è stata aggravata dalla carenza d’acqua rilasciata dai ghiacciai alpini, perché l’inverno precedente aveva nevicato meno del solito.

La scomparsa dei ghiacciai, quindi, rischia non solo di stravolgere il paesaggio delle regioni alpine, che diventerà sempre più simile a quello dell’Appennino, ma anche la portata dei fiumi di pianura e l’economia delle valli dedite all’agricoltura. Nei prossimi anni si dovranno inoltre affrontare i rischi legati all’instabilità dei ghiacciai, che può portare all’improvviso distacco di enormi masse di ghiaccio e detriti, come accaduto il 3 luglio 2022 sulla Marmolada, quando hanno perso la vita undici alpinisti.

Crescerà purtroppo anche il pericolo di alluvioni causate dalla tracimazione dei laghi che si formano all’interno dei ghiacciai in fusione, che possono travolgere gli abitati e le infrastrutture presenti a valle. L’ultimo rapporto dell’Unesco sullo stato dei ghiacciai spiega come persino le devastanti inondazioni dell’agosto 2022 in Pakistan, che hanno sommerso quasi un terzo del Paese causando 1.739 vittime, sebbene provocate da piogge monsoniche più intense del solito, siano state aggravate dalle tracimazioni dei laghi montani dovute al rapido scioglimento dei ghiacci in seguito a una forte ondata di calore primaverile.

Salvare i ghiacciai

I molteplici rischi associati al ritiro dei ghiacciai impone di pianificare fin d’ora misure di adattamento per proteggere la sicurezza delle comunità montane, a partire da una maggiore diffusione dei sistemi di monitoraggio (videocamere ad alta risoluzione, radar, rilevatori di vibrazioni, sensori acustici e immagini satellitari) in grado di evidenziare ogni segnale precoce di instabilità che potrebbe causare distacchi, frane o alluvioni. Sarà cruciale anche una più attenta gestione delle risorse idriche, per limitare gli sprechi e gli impatti delle siccità estive.

Da alcuni anni, sulle Alpi si cerca di rallentare la scomparsa dei ghiacciai ricoprendoli con enormi teli geotessili che, riflettendo la luce solare, proteggono la neve e il ghiaccio. Si tratta però di rimedi estemporanei non praticabili su ampia scala. Nel gennaio del 2022 trentanove ricercatori e docenti universitari italiani che si occupano di glaciologia e cambiamenti climatici si sono pubblicamente schierati contro questa pratica, considerata come costosa e inutile, «un tentativo di greenwashing per descrivere come sostenibile e anzi addirittura auspicabile un intervento impattante sull’ambiente da diversi punti di vista». Questi grandi teli di plastica interferiscono infatti con l’ecosistema del ghiacciaio, rilasciano fibre inquinanti e richiedono l’impiego di mezzi a motore che emettono altra CO2 sia per la posa che per la successiva rimozione.

L’unico modo per salvare gli ultimi ghiacciai montani del pianeta è limitare l’aumento della temperatura globale tagliando le emissioni di gas serra. Sebbene il destino di alcuni dei ghiacciai più piccoli appaia ormai segnato, abbiamo ancora la possibilità di preservare la maggior parte di questi giganti di ghiaccio, che forniscono acqua dolce a quasi due miliardi di persone. Il ritiro dei ghiacciai rende visibile anche ai nostri occhi come il riscaldamento globale abbia già impatti profondi, e talvolta irreversibili, sull’ambiente in cui viviamo. Sono un grido d’allarme che richiede di essere ascoltato, una «Lettera al futuro» che invoca interventi urgenti e non più rinviabili. 

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Un lago creato dalla fusione di un ghiaccio di montagna (immagine: Pixabay)

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Un ghiaccio di montagna (immagine: Pixabay)

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La fusione dei ghiacci e l’innalzamento del livello dei mari in un’infografica dell’IPCC/CMCC (immagine: IPCCItalia)

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Il distacco sul ghiacciaio della Marmolada che ha causato la tragedia del 3 luglio 2022 (immagine: Wikimedia Commons)

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Il fiume Tagliamento in secca durante la grave siccità che ha colpito il Nord Italia nell’estate 2022 (immagine: Wikimedia Commons)

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Il ghiacciaio del Presena, in Trentino, con la copertura in geotessile (immagine: Wikipedia)

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La targa commemorativa posata nell’antica posizione del ghiacciaio islandese Okjökull, scomparso a causa dei cambiamenti climatici (immagine: Wikimedia Commons)