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Dietro le quinte e sul palco di COP26

A due mesi dalla fine dell’ultima COP, il racconto di chi c’era, tra difficoltà di menù e consapevolezza di dover trovare un accordo

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All’inizio di novembre 2021 si è tenuta a Glasgow la ventiseiesima Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite, denominata COP26. Le Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici sono conferenze annuali previste dalla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC – United Nations Framework Convention on Climate Change) e sono utili per due motivi:

  1. valutare i progressi nell'affrontare il cambiamento climatico;
  2. negoziare i contenuti del Protocollo di Kyoto e stabilire obblighi giuridicamente vincolanti per i paesi sviluppati che permettano di ridurre le loro emissioni di gas serra. 

Io ho avuto la possibilità di partecipare come osservatrice grazie al mio ruolo di caporedattrice volontaria presso UVS – Universal Versatile Society, un'organizzazione accreditata dallo United Nations Environment Programme che si occupa dell’informazione sul cambiamento climatico.

Problemi enormi, difficoltà minute

Su una sponda del fiume Clyde, c’era la green zone (area verde), aperta a chiunque si fosse registrato per partecipare: qui vari gruppi, giovani artisti e associazioni avevano allestito mostre, spettacoli culturali e workshop tematici. Con oltre 100 espositori e 200 eventi, la zona verde è stata una fantastica opportunità per i non addetti ai lavori per ascoltare, imparare e celebrare l'azione per il clima.

Sull’altra sponda del fiume, nello Scottish Event Campus, c’era la cosiddetta blue zone (area blu): qui si tenevano le negoziazioni e gli eventi laterali, come tutte le conferenze legate agli aspetti sociali del cambiamento climatico. In questo campus potevano accedere solo persone che, come me, avevano un pass particolare.

Questa è stata la mia prima COP, ma è stata anche la prima nel suo genere perché è stata fatta una valutazione sui progressi fatti finora e c'è stata una forte presa di coscienza perché non sono stati abbastanza. Come nelle COP precedenti, poi, si è discussa la strategia futura, ma con una novità: adesso che il cambiamento climatico ha avuto effetti devastanti in tutti gli angoli del pianeta, nei corridoi si respirava la pressione di dover trovare un accordo comune su più punti possibili, cosa estremamente difficile viste le diverse posizioni di partenza.

A testimoniare questa difficoltà c’era un dettaglio non da poco: è stato complicato mettersi d’accordo sul cibo da servire all’interno del campus. Il dubbio era: è etico nei confronti dell’ambiente e rispettoso di tutte le culture e religioni servire piatti a base di carne? Quello che ho trovato interessante è stato che ad ogni piatto fosse associato il suo impatto in termini di emissioni CO2, per permettere ai partecipanti di fare scelte più consapevoli. 

Quali traguardi sono stati raggiunti?

Sulla COP di Glasgow pendevano aspettative molto elevate perché è ormai chiaro a tutti quanto sia urgente trovare soluzioni più efficaci. Nelle COP precedenti, seppur importanti, la posta in gioco era minore, soprattutto in termini di risorse e capitali dedicati alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Ma quali passi avanti sono stati fatti?

Sicuramente l’accordo bilaterale USA-Cina per la cooperazione climatica è stato un grande passo avanti, considerato che sono due dei più grandi produttori di gas serra. I due Paesi hanno dichiarato l'intenzione di lavorare insieme per raggiungere l'obiettivo di contenere l'aumento della temperatura media globale entro +1,5 °C rispetto al periodo pre-industriale, come stabilito dall’Accordo di Parigi (COP21). I rappresentanti dei due Paesi avranno incontri regolari per discutere strategie per mitigare la crisi climatica e il negoziatore cinese sul clima, Xie Zhenhua, ha dichiarato «c'è più accordo tra Cina e Stati Uniti che divergenze» sul tema del cambiamento climatico.

Inoltre, per la prima volta da quando è stato adottato l’Accordo di Parigi (nel 2015), è stato approvato il suo Articolo 6, che prevede la creazione di un mercato del carbonio. Il mercato del carbonio è un sistema per compensare le emissioni tra i vari Paesi, in modo da permettere la crescita degli stati meno industrializzati.

Dal punto di vista culturale c’è stato un importante passo avanti nel riconoscere il ruolo delle donne: nel Glasgow Climate Pact, cioè l’accordo firmato al termine della conferenza, infatti, si legge che «esorta le parti ad avviare rapidamente l'attuazione del programma di lavoro di Glasgow sull'azione per l'emancipazione climatica, rispettando, promuovendo e considerando i rispettivi obblighi in materia di diritti umani, nonché l'uguaglianza di genere e l'emancipazione delle donne».

In tutta questa esperienza la cosa che mi ha stupito di più è stata la dimensione umana delle negoziazioni. Mi aspettavo che il focus fosse sulle soluzioni tecnologiche e scientifiche, mentre c'è stata una grande attenzione anche alla sostenibilità umana. Ho sentito spesso la parola empatia e penso che sia un enorme passo avanti non solo dal punto di vista culturale, ma anche operativo perché assicurarsi che le soluzioni proposte siano alla portata di tutti le renderà più facili da adottare.

Sul palco per raccontare la mia esperienza

Ho anche avuto l’onore di parlare della mia attività di volontariato insieme al mio team durante gli eventi laterali di COP26. Mentre ero sul palco e ascoltavo gli altri volontari ho avuto modo di riflettere sull'importanza di questo momento storico: l'attenzione del grande pubblico sui problemi ambientali è drasticamente aumentata, quindi avere avuto la possibilità di prendere la parola è stato un onore immenso.

Nel mio discorso mi sono concentrata sulle linee guida che ho proposto quando sono diventata caporedattrice di UVS: privilegiare un approccio minimalista nella narrazione del cambiamento climatico. Bisogna scegliere solo le notizie più importanti e direttamente legate al cambiamento climatico che spesso si intreccia con altre tematiche ambientali. Io e il mio team di volontari prendiamo notizie estremamente tecniche, scientifiche o politiche, di difficile comprensione per i non addetti ai lavori e le raccontiamo in modo che siano fruibili da persone con interessi e conoscenze diverse. Siamo minimalisti anche nella scelta dei toni: ci vogliamo allontanare dalla drammatica narrazione che ha caratterizzato questo tema negli ultimi anni perché pensiamo che abbia anestetizzato il pubblico e ci impegniamo per essere chiari, concisi e propositivi.

Quinte COP26-1

Una parte del menù esposto in uno dei ristoranti del campus, con indicato l’impatto di ciascun alimento calcolato in kg di CO2 equivalente
(immagine: Giulia Bonetti)