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Speciale Educazione finanziaria

L’educazione finanziaria nelle indagini OCSE PISA

Perché è importante parlare a scuola di educazione finanziaria? Quanto siamo informati in Italia? Prendiamo decisioni consapevoli in ambito finanziario?

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L’interesse per le competenze finanziarie dei cittadini è cresciuto sensibilmente negli ultimi 15 anni, anche sull’onda di shock finanziari di portata globale. Quello che più ha contribuito ad accendere i riflettori sulla scarsa preparazione di tanti risparmiatori è stata la crisi dei mutui subprime del 2007-2008, ma è storia di tutti i giorni quella di tanti piccoli investitori inconsapevoli di aver sottoscritto prodotti finanziari a rischio.

Una competenza di base in materia finanziaria offre gli strumenti per affrontare la crescente complessità del mondo finanziario, pianificare fondi pensione integrativi, accantonare risorse sufficienti per coprire le intermittenze del reddito, in particolare per chi svolge lavori flessibili o precari.

Infine, l’educazione finanziaria contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, per esempio:

  • la pianificazione finanziaria a lungo termine va di pari passo con la gestione sostenibile delle risorse del pianeta;
  • chi ha una buona alfabetizzazione finanziaria è meno a rischio di scivolare sotto la soglia di povertà;
  • l’educazione all’investimento incentiva la scelta di prodotti finanziari sostenibili.

A chi sono dirette le indagini OCSE PISA e che cosa misurano?

Le indagini PISA (Programme for International Student Assessment) rappresentano la più vasta indagine internazionale nel campo dell’istruzione. Sono promosse dall’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, e si svolgono ogni tre anni a partire dal 2000 (l’edizione 2021 è stata posticipata di un anno a causa della pandemia). L’Italia partecipa fin dalla prima edizione.

Le prove si rivolgono a studenti e studentesse quindicenni di oltre 80 Paesi e verificano le competenze di lettura, matematica, scienze e, dal 2012, anche di financial literacy (alfabetizzazione finanziaria).

Nel nostro paese è l’INVALSI a occuparsi della somministrazione delle prove e della raccolta dei dati.

Com’è fatta la prova di financial literacy?

L’OCSE definisce l’alfabetizzazione finanziaria come:

il processo che porta a migliorare la comprensione dei prodotti, dei concetti e dei rischi finanziari, sviluppare le competenze e la fiducia per diventare più consapevoli dei rischi e delle opportunità finanziarie, per fare scelte informate, per sapere dove andare a chiedere aiuto e per intraprendere altre azioni efficaci per migliorare il benessere finanziario.

La financial literacy si articola in quattro aree di competenze, su cui si concentrano i quesiti del test PISA:

  • denaro e transazioni;
  • pianificazione e gestione delle finanze;
  • rischi e rendimento;
  • panorama finanziario.

A queste quattro aree si affiancano quattro processi cognitivi rilevanti, che corrispondono alla capacità di studenti e studentesse di identificare le informazioni finanziarie, analizzarle, fare valutazioni e applicare le conoscenze per trovare soluzioni.

La prova ha l’obiettivo di testare sia le aree di competenza sia i processi cognitivi e lo fa sia con delle domande aperte sia con dei test a scelta multipla. Sul sito dell’OCSE sono pubblicati alcuni esempi di test somministrati nel 2018.

Che cosa raccontano i risultati del 2018?

Alla rilevazione sull’alfabetizzazione finanziaria del 2018, l’ultima disponibile, hanno partecipato circa 117000 ragazzi e ragazze da 20 Paesi. Per l’Italia hanno partecipato 9122 studenti e studentesse quindicenni, un campione rappresentativo della popolazione di riferimento sia a livello di area geografica di provenienza (Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud e isole), sia di indirizzo scolastico frequentato (licei, istituti tecnici, istituti professionali e centri di formazione professionale).

L’Italia ha ottenuto un punteggio medio di 476 punti, inferiore a quello della media OCSE che è di 505 punti. Oltre all’Italia, ci sono altri 11 Paesi sotto la media. L’Estonia è il paese con il punteggio medio più elevato (547 punti), seguita da Finlandia (537) e Canada (532).

Circa uno studente italiano su cinque non raggiunge il livello 2 (sui cinque livelli totali), che corrisponde alle competenze minime necessarie per prendere decisioni finanziarie responsabili e ben informate. Si registra, peraltro, un’ampia forbice fra chi raggiunge i punteggi più alti (top performer) e chi ottiene i più bassi (low performer): 238 punti. Poiché in financial literacy un livello di competenza corrisponde a circa 75 punti, questo significa che tra i top performer e i low performer ci sono circa tre livelli di competenza.

Ci sono differenze per area geografica e per indirizzo scolastico?

Al pari degli altri ambiti di indagine di PISA (lettura, matematica, scienze), anche nell’alfabetizzazione finanziaria si osserva un divario tra Nord e Sud del Paese. Gli studenti del Nord Ovest e del Nord Est ottengono risultati più elevati (rispettivamente 496 e 498 punti) rispetto ai loro coetanei del Sud e delle isole (rispettivamente 455 e 448 punti). Gli studenti del Centro si posizionano a un livello intermedio, con 481 punti.

Le percentuali osservate di studenti top e low performer confermano le differenze territoriali.

Per quanto riguarda le differenze per indirizzo scolastico, studenti e studentesse dei licei ottengono il punteggio più alto (508 punti), seguiti da chi frequenta gli istituti tecnici (476 punti), poi dagli iscritti agli istituti professionali (405 punti) e infine dai ragazzi che frequentano una formazione professionale (400 punti).

Tra gli studenti dei licei, il 9% raggiunge il livello 5, mentre negli istituti professionali e nella formazione professionale – in cui circa il 50% degli studenti è low performer – meno dell’1% raggiunge il livello 5.

Ci sono differenze di genere?

Nella maggior parte dei Paesi partecipanti a PISA 2018 non compaiono differenze di genere significative. A livello medio OCSE i ragazzi superano le ragazze di 2 punti: una differenza apprezzabile, ma di piccola entità rispetto ad altri fattori e decisamente inferiore al divario di genere riscontrato negli altri ambiti testati (in particolare lettura – che registra un netto vantaggio delle ragazze – e matematica – che vede in vantaggio i ragazzi).

Nei sei Paesi in cui una differenza di genere emerge in modo più significativo, è curioso notare che in tre è a favore delle ragazze (Bulgaria, Georgia, Indonesia) e negli altri tre è e a favore dei ragazzi (fra questi c’è l’Italia, insieme a Perù e Polonia).

Come e quanto si insegna l’alfabetizzazione finanziaria in classe?

La proposta di inserire l’educazione finanziaria all’interno dell’educazione civica non è stata finora accolta. Al momento quindi il suo insegnamento non ha contenuti omogenei e spesso risulta affidato all’iniziativa di singoli docenti.

Il questionario PISA 2018 ha cercato di mettere a fuoco quanto e come l’educazione finanziaria venga insegnata in Italia. Due quesiti in particolare offrono alcune informazioni utili.

1. Un quesito chiedeva ai ragazzi di indicare se a scuola, negli ultimi 12 mesi, avessero svolto mai, a volte o spesso le seguenti attività:

  • descrivere lo scopo e l’uso dei soldi;
  • considerare la differenza tra spendere soldi per cose necessarie e per desideri;
  • considerare i modi possibili per pagare una spesa;
  • discutere i diritti dei consumatori quando hanno a che fare con istituti finanziari;
  • discutere i modi in cui i soldi investiti in borsa cambiano valore nel tempo;
  • analizzare gli annunci pubblicitari per capire in quale modo si spinge la gente ad acquistare.

Fra gli studenti italiani, quelli che dichiarano di svolgere spesso queste attività si attestano fra l’8% e il 16%, mentre quelli che le svolgono a volte sono tra il 38% e il 41%. L’attività svolta con maggiore frequenza è considerare i modi possibili per pagare una spesa, e quella meno frequente è descrivere lo scopo e l’uso dei soldi.

Confrontando i dati italiani con quelli medi OCSE, i nostri studenti affrontano ciascuno di questi argomenti significativamente meno spesso rispetto ai loro coetanei. Questo dato contribuisce a spiegare perché la principale fonte di informazione per i ragazzi sulle questioni finanziarie siano, di gran lunga, i genitori. In tutti i Paesi partecipanti all’indagine PISA, più del 90% degli studenti li ha indicati come la fonte primaria di informazione, seguiti dal Web. Gli insegnanti non figurano ai primi posti della classifica.

2. Un altro quesito presentava agli studenti questi 18 termini del lessico finanziario, chiedendo loro di indicare se nell’ultimo anno ne avessero mai sentito parlare a scuola:

interessi; interesse composto; tasso di cambio; svalutazione; quote/azioni; investimento; dividendo; diversificazione; carta di debito; prestito bancario; fondo pensione; budget; stipendio; imprenditore; banca centrale; imposta sul reddito; crediti derivati; opzione d’acquisto.

Nella media OCSE gli studenti conoscono il significato di 7,3 termini; in Italia 6,4. Gli studenti degli istituti tecnici sono quelli con il numero medio di termini conosciuti più alto fra tutti. Tra le altre tipologie d’istruzione non sono emerse differenze significative.

In tutti i Paesi partecipanti il termine più trattato a scuola e più conosciuto è stipendio (media OCSE 71%; Italia 69%). Il termine meno trattato a scuola e di cui risulta più oscuro il significato è interesse composto per gli studenti italiani, e diversificazione come media OCSE.

Come migliorare le competenze in financial literacy?

I report sulle prove PISA mostrano una correlazione positiva fra i risultati ottenuti in lettura e matematica e quelli ottenuti in financial literacy. Chi ottiene punteggi alti nelle prime due prove registra anche le performance migliori nell’alfabetizzazione finanziaria.

Questo suggerisce una duplice strategia di intervento per la scuola. Da un lato occorre rinforzare le competenze in matematica e lettura, per ottenere ricadute positive anche sulle prestazioni in financial literacy. D’altra parte è opportuno curare gli aspetti specifici dell’alfabetizzazione finanziaria, rispetto ai quali gli studenti italiani mostrano una performance inferiore a quella attesa sulla base del punteggio in lettura e matematica.

Parliamone in classe: come possiamo migliorare la gestione del nostro budget?
Come si fa a monitorare le entrate e le uscite mensili? Come possiamo distinguere le spese indispensabili da quelle differibili? La matematica e il foglio elettronico ci aiutano a rispondere a queste domande e a creare un glossario di parole chiave indispensabili per muoverci nel mondo della finanza.
Scarica l’attività di matematica da fare in classe.

Quali sono le iniziative ministeriali per l’educazione finanziaria?

Nel 2017 è stato istituito il Comitato per la programmazione e coordinamento delle attività di educazione finanziaria con un decreto che vede partecipi il Ministero dell’istruzione, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo economico.

Il comitato cura e aggiorna continuamente il portale di educazione finanziaria Quello che conta, che offre nozioni, strumenti e approfondimenti:

  • informazioni necessarie per prendere decisioni consapevoli;
  • guide pratiche su investimenti, assicurazioni, bilancio familiare, denaro virtuale, tutela dei clienti;
  • un glossario con i termini utili per destreggiarsi nel vocabolario della finanza;
  • dei quiz per mettersi alla prova.

Si può anche scaricare un quaderno dei conti: uno strumento di calcolo che consente di quantificare quanto entra e quanto esce dalle proprie tasche o dalla cassa di famiglia, di monitorarne periodicamente l’andamento delle spese e pianificare i propri risparmi.

Il Comitato per l’educazione finanziaria ha elaborato anche la Strategia nazionale che prevede, fra l’altro, l’impegno a inserire l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale come materia curricolare nei percorsi di istruzione del primo e del secondo ciclo, anche se per ora il Ministero dell’Istruzione non ha messo in atto nulla di simile.

Sempre nell’ambito della Strategia, il Comitato affianca il Ministero dell’Istruzione nell’organizzazione delle Olimpiadi di Economia e Finanza e nel promuovere corsi di educazione finanziaria per gli insegnanti, coinvolgendo anche genitori e famiglie.

Molte iniziative a tema educazione finanziaria si concentrano in ottobre. Infatti, dal 2018, ottobre è il mese dell’educazione finanziaria ed è occasione di formazione, gioco, confronto e spettacolo sulla gestione del risparmio e sui temi assicurativi e previdenziali. La scelta di ottobre non è casuale: il mese si apre con la World Investor Week (la settimana mondiale dell’investitore), prosegue con la giornata dell’educazione assicurativa (19 ottobre) e la settimana dell’educazione previdenziale (24-30 ottobre), per concludersi con la giornata mondiale del risparmio.

Nel 2021 il Ministero dell’Istruzione ha siglato un protocollo d’intesa con la Banca d’Italia di durata triennale. Lo scopo del protocollo è promuovere l’educazione finanziaria a scuola e nei percorsi d’istruzione per gli adulti, mettere in luce i legami con l’educazione alla cittadinanza e la sostenibilità ambientale e favorire l’inclusione delle persone finanziariamente fragili. La Banca d’Italia offre anche numerosi percorsi PCTO per le scuole che ne facciano richiesta.

L’articolo è a cura di Francesca Faenza, professoressa a contratto di Didattica del diritto nel corso di laurea in Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Con Zanichelli ha pubblicato manuali di Diritto ed economia e di Educazione civica, e si occupa di formazione agli insegnanti.
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La distribuzione del campione italiano è tratta da INVALSIopen, il sito ufficiale dell’Area Prove nazionali dell’INVALSI.

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Punteggio medio in financial literacy per macroarea geografica (fonte: INVALSIopen)

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Performance relativa in financial literacy: l’Italia è il Paese con la differenza negativa più elevata pari a -17 punti (fonte: INVALSIopen)