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Tettonica delle placche, evoluzione e risorse

Le pagine di Pangea (e di Wegener)

Un percorso che ci porta alla scoperta delle Scienze della Terra, dalla deriva dei continenti ai misteri ancora inesplorati del nostro pianeta

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Il mio supercontinente è una fantasia? Quante volte la scienza ha dovuto ricredersi su quelle che in passato aveva considerato fantasie?

Alfred Wegener

La nascita della geologia come oggi la intendiamo potremmo associarla a due oggetti: un mappamondo e un iceberg. Gli occhi di chi li osservava appartenevano a Alfred Wegener (1880-1930), un meteorologo ed esploratore laureato in astronomia, che con le sue intuizioni avrebbe portato alla tettonica delle placche, base della geologia moderna.

“Tettonica”, dal greco, significa “arte della costruzione”, in questo caso della crosta terrestre fatta di pianure, colline, montagne, isole.

La tettonica spiega i movimenti e le deformazioni della crosta terrestre. Le “placche” tettoniche, invece, sono grandi “zattere” sulle quali poggiano i continenti, comprese le parti sommerse dal mare. Le placche più grandi sono sette (euroasiatica, africana, americana, indo-australiana, pacifica, di Nazca, antartica) più un’altra decina di placche di minore estensione.

Nel 1912, 110 anni fa, dopo aver osservato un mappamondo, Wegener formulò la teoria di Pangea, il supercontinente – blocco unico di terre emerse – dal quale, a partire dal Mesozoico, hanno avuto origine i continenti di oggi, come si può notare osservando le forme delle coste, per esempio, di America del Sud e Africa.

Ma come era stato possibile che simili masse si allontanassero tanto? Wegener ipotizzò la teoria della deriva dei continenti, come racconta Roberto Braga nello speciale Tettonica delle placche, evoluzione e risorse di cui fa parte anche questo articolo.

Alla vita avventurosa e all’importanza delle scoperte di Wegener è dedicato un libro breve, semplice ma utile: lo ha scritto Luca Novelli (1947) e si intitola Wegener. L’uomo che muoveva i continenti (Editoriale Scienza, 2015, 109 pp., euro 9,90). È consigliato dai 9 anni di età in su, ma a nostro parere può essere una efficace introduzione all’argomento fino forse al biennio delle superiori. In modo coerente con la collana “Lampi di genio”, il libro è scritto da Novelli adottando il punto di vista di Wegener che racconta di sé in prima persona. Per esempio racconta di Pangea, già teorizzata decenni prima da altri scienziati come Alexander von Humboldt (1769-1859):

Nel libro ho chiarito molte cose. Nel puzzle dei continenti non bisogna tener conto delle coste visibili ma dello zoccolo continentale, che talvolta si estende per centinaia di chilometri oltre la costa.
Ridisegnati i contorni, i continenti di oggi si possono facilmente ricombinare in un'unica terra, circondata da un unico oceano. La parte inferiore, alla quale verrà dato il nome di Gondwana, ha dato luogo ai continenti che hanno viaggiato di più.
La mia idea sarebbe piaciuta anche a Charles Darwin. Spiega perché i mammiferi originari dell'Australia sono marsupiali: non solo i canguri, ma anche i koala, i vombati e i diavoli della Tasmania…
Gli altri pochi marsupiali vivono in America del Sud, che un tempo era unita all'Antartide e appunto all'Australia.
Questo continente si è distaccato ed è rimasto isolato per milioni di anni da tutte le altre terre. Così, su di esso si è evoluta una fauna completamente diversa da tutto il resto del mondo. È un effetto collaterale della deriva dei continenti. [pp. 56-57]

Deriva dei continenti ispirata dall’osservazione degli iceberg al Polo Nord, come racconta Marco Boscolo in questo articolo.

Il libro a cui si riferisce Novelli nei panni di Wegener costituisce una testimonianza culturale e scientifica di grande valore ed è l’unico libro reperibile in italiano scritto direttamente da Alfred Wegener, ristampato nel 2021 dopo anni fuori catalogo. Si tratta de La formazione dei continenti e degli oceani (Bollati Boringhieri, 2021, 336 pp., euro 18. Postfazione di Marco Ciardi), il quale uscì per la prima volta in Germania nel 1915, nel pieno della Prima guerra mondiale.
Qui l’autore spiega la sua teoria della deriva dei continenti fornendo molte prove a sostegno della sua tesi, come abbiamo visto poco sopra, rivolto soprattutto ai molti geologi apertamente (e a volte violentemente) scettici a riguardo. Basti pensare che a quei tempi i terremoti venivano giustificati così, come racconta Novelli in una pagina di approfondimento del suo libro:

Mentre Alfred affronta il gelo Artico, un terribile terremoto distrugge la città di San Francisco, negli Stati Uniti. Non è certo il primo né l'ultimo di questi imprevedibili eventi naturali. Nessuno sa spiegare perché avvengono i terremoti. La teoria scientifica più accettata al tempo di Alfred è che il nostro pianeta si stia raffreddando, riducendo così il suo volume interno. Come una mela che si secca, sulla sua crosta si formano delle rughe (le catene montuose), mentre le tensioni tra i vari punti della superficie creano i terremoti. Alfred metterà in crisi questa teoria e si troverà a dover contraddire che la sostiene. [p. 34]

La storia geologica del pianeta Terra

Un’ottima e approfondita introduzione divulgativa alla geologia e alle scienze delle terra è il libro scritto dal mineralogista e astrobiologo statunitense Robert Hazen (1948) Breve storia della Terra – Dalla polvere di stelle all’evoluzione della vita. I primi 4,5 miliardi di anni (Universale Economica Feltrinelli – Il Saggiatore, 2021, 430 pp., euro 15).

Come da programmatico sottotitolo, si tratta di una biografia del nostro pianeta che potrebbe essere apprezzata da studentesse e studenti del triennio e da adulti appassionati, dove emerge l’intimità del rapporto che si è instaurato nel corso di questa lunghissima storia tra geosfera e biosfera/ecosfera.

Naturalmente Hazen racconta anche di Wegener e di come la sua teoria della deriva dei continenti fosse sopravvissuta fino agli anni Sessanta del Novecento. Cosa cambiò poi? Per esempio, furono inventati i sonar per i sommergibili della Seconda guerra mondiale. Una volta finita la guerra, come per tante altre tecnologie sviluppate in periodo bellico, si trovò un’applicazione utile, cioè utilizzata dalla ricerca scientifica. In questo caso per lo studio e la mappatura della topografia dei fondali oceanici.

È così che scoprirono la Dorsale medioatlantica e il fatto che lo spessore dei fondali oceanici è di 8-9 kilometri, mentre la crosta continentale può superare i 15: «Una demarcazione così netta tra i continenti e gli oceani era decisamente in contrasto con i modelli isostatici fino ad allora adottati.» [p. 165]

E come mai al centro della Dorsale (lunga 10.000 kilometri) c’è un solco largo 30 kilometri con un ulteriore avvallamento di 1,5 kilometri? Come mai la Dorsale è seghettata e frastagliata in quel modo? Con il progredire degli studi e delle analisi, il fondamentale contributo di Wegener (i continenti andavano alla deriva senza meta, come iceberg) servì a capire che i continenti si muovevano lateralmente. Ma spinti da quale forza?

Con Hazen arriviamo alla nascita della tettonica a placche, confermata – dopo il sonar – dall’uso del magnetometro, altro strumento nato durante la Seconda guerra per individuare i sottomarini (metallici) dagli aerei.

L'oggetto di studio era principalmente il basalto sul fondale oceanico che ha un debole segnale magnetico dovuto alla presenza di cristalli minuscoli di magnetite, un minerale contenente ferro. Sappiamo che il campo magnetico terrestre si modifica lievemente da un anno all'altro, secondo quella che viene definita una «variazione secolare». Quando il magma basaltico si raffredda, i cristalli di magnetite rimangono bloccati nella posizione che hanno assunto indicando la direzione del campo magnetico in quel momento, come se si trattasse di minuscoli aghi di bussola. In questo modo il basalto conserva l'orientamento del campo magnetico esistente proprio quando la roccia si è solidificata. [p. 169]

Pagine affascinanti seguono questa premessa che porterà alla comprensione del complesso meccanismo per cui il campo magnetico terrestre è molto variabile, e alla nascita e alla comprensione della tettonica delle placche, che soppianterà la teoria della deriva dei continenti di Wegener: le dorsali sono zone con una intensissima attività vulcanica.

[…] le dorsali medio-oceaniche producono nuova crosta basaltica con una velocità di qualche centimetro all'anno o anche di più. Il basalto più antico si sposta lateralmente, a est come a ovest, lontano dalla dorsale, via via che nuova lava prende il suo posto. I sistemi delle dorsali agiscono pertanto come giganteschi nastri trasportatori in due direzioni opposte eruttando nuovo fondale oceanico. Il basalto fresco prodotto dalla dorsale medio atlantica sta determinando l'espansione dell'atlantico, che si allarga ogni anno di circa 5 cm. [p. 172]

Un tesoro al piano terra. La geologia che non ti aspetti (Cairo, 2021, 207 pp., euro 16) del geologo Andrea Moccia (1986) è un altro interessante libro di divulgazione geologica. La fascia di appassionati a cui si rivolge, rispetto al libro di Hazen, è più giovane e meno esperta, e può essere un ottimo punto di partenza. Il libro è una costola del sito Geopop, che fin dal nome esplicita i suoi intenti di rendere accessibile la geologia (quasi 2 milioni di iscritti su Facebook, mezzo milione su YouTube).

L’autore affronta qualsiasi curiosità legata alle scienze della terra. Le prime 50 pagine sono dedicate alla geologia in senso stretto (come è fatta la Terra, qual è la sua origine, come funzionano terremoti, vulcani etc), mentre il resto del volume amplia il discorso a geopolitica, scienza e industria del petrolio, minerali, miniere, cemento, energie rinnovabili.

Fin da subito fornisce un dato interessante. Sappiamo – per fortuna – molto del Sistema Solare e continuiamo a indagare a fondo l’Universo. Ma quasi tutto quello che sappiamo sulla Terra lo abbiamo appreso per via indiretta, perché il pozzo più profondo che l’umanità abbia mai scavato è… di “appena” 12 kilometri.

Kola è il nome del pozzo più profondo sul pianeta Terra e si trova nel cuore della glaciale penisola di Kola, nell'estremo nord-ovest della Russia. Il progetto del pozzo «superprofondo» (Kola Superdeep-Boreall) è un affascinante progetto ingegneristico con scopi scientifici avviato nel lontano 24 maggio 1970, che ha raggiunto il record di profondità nel 1989 (ben 12.262 metri). Da allora, principalmente per motivi tecnici, non si è potuto proseguire oltre, fallendo l'obiettivo iniziale di scavare per 15 chilometri di profondità nella crosta terrestre. […]
Quasi insignificante dal punto di vista delle dimensioni, ma enormemente importante per i dati e le informazioni che può offrire.
Attorno ai 12 chilometri, oltre a trovare acqua (nessuno avrebbe immaginato di trovarne a una simile profondità) gli scienziati russi si sono imbattuti in rocce di 2,7 miliardi di anni con una temperatura di 180°C, un centinaio in più rispetto a quella attesa. Era troppo elevata per i «trapani» delle perforatrici (volgarmente chiamate «trivelle») così, dopo alcuni anni di studio, nel 1992 decisero di «gettare la spugna». [pp. 19-20]

Per conoscere meglio l’autore e il suo progetto divulgativo segnaliamo questo video dove si racconta come abbiamo indagato l’interno della Terra grazie allo studio delle onde sismiche (racconto presente anche nel volume):

Per chiudere, un consiglio di lettura per i più piccoli (dagli 8 anni): il libro in grande formato Il libro della terra. La straordinaria storia del nostro pianeta (Editoriale Scienza, 2018, 256 pp., euro 22,90) scritto da Mark Brake e ampiamente illustrato da Brendan Kearney.

Ogni coppia di pagine (sinistra e destra) costituisce un capitolo autoconclusivo su uno specifico argomento geologico, dove le didascalie integrano le ricche illustrazioni a tutta pagina. Affascinante per piccoli futuri geologi, ma anche per i genitori. Per esempio: da dove proviene tutta l’acqua presente sul nostro pianeta?

Buona lettura “a grandi e piccini”.

dorsale atlantica

La Dorsale Medio Atlantica (immagine: Wikipedia)

Placche

Mappa del flusso di calore globale. I margini delle placche tettoniche sono indicati dalle linee bianche (immagine: Commissione Internazionale del Flusso di Calore, 1993)