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Intelligenza artificiale

La scienza dell’intelligenza artificiale fa i conti con etica ed equità

Intervista a Francesca Lagioia, a cura di Gianluca Dotti

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Immagine di copertina per gentile concessione di Francesca Lagioia

La diffusione su larga scala dei sistemi di intelligenza artificiale apre questioni decisive sulla gestione della privacy e – più in generale – ha implicazioni economiche, culturali e sociali. Francesca Lagioia, ricercatrice e professoressa all’università di Bologna e allo European University Institute di Firenze, è laureata in giurisprudenza e si occupa di informatica giuridica, di problemi etico-normativi dell’intelligenza artificiale oltre che di costruire sistemi di IA. Da esperta di linguaggio naturale e machine learning, affronta i punti critici legati all’utilizzo di queste tecnologie, promuovendo la diffusione di sistemi equi e conformi al diritto. Dal mercato alla sfera pubblica, gli algoritmi di apprendimento automatico possono influenzare la vita delle persone e produrre effetti concreti (e pesanti) su dinamiche che riguardano l’uguaglianza, le pari opportunità, il corretto funzionamento dei mercati fino alla giustizia sociale. Istruire nella maniera corretta l’intelligenza artificiale, evitando discriminazioni algoritmiche e assicurando il rispetto dei principi etici e giuridici, è oggi una delle grandi sfide da affrontare da parte degli addetti ai lavori e non solo.

INDICE

  • Parliamo di intelligenza artificiale con Francesca Lagioia
  • Francesca Lagioia, quali sono gli aspetti che più apprezza del suo lavoro quotidiano?
  • Come si svolge nel concreto la sua attività?
  • Ci può raccontare com’è stato il percorso che l’ha portata a intraprendere questa attività?
  • Quanto, nel definire la sua professionalità odierna, è stato utile lo studio e quanto invece la pratica?
  • A cosa serve applicare i principi etici e giuridici all’intelligenza artificiale?

Parliamo di intelligenza artificiale con Francesca Lagioia

Francesca Lagioia, quali sono gli aspetti che più apprezza del suo lavoro quotidiano?

Il piacere di scoprire e la curiosità che si autoalimenta giorno per giorno, anche mentre parlo con giuristi, filosofi, economisti o esperti di machine learning, sono le leve che più apprezzo del mio mestiere. Mi nutro di sapere e non vedo l’ora di imparare cose nuove, anche attraverso percorsi complessi e non lineari, perché molto spesso la via più semplice si rivela allo stesso tempo quella meno esaustiva. Non basta sapere il nome di una cosa per conoscerla davvero, ma serve mettere continuamente in dubbio le proprie credenze e certezze, confrontandosi con gli altri. Per esempio, a volte si pensa all’intelligenza artificiale come a uno strumento per ottimizzare un processo, ma in realtà è molto di più: è una vera e propria scienza, poiché il tema presenta enormi complessità che vanno studiate e analizzate da più punti di vista. Oltre alle questioni etiche e giuridiche, occorre prendere in considerazione le possibili ripercussioni sulla società, sul mondo del lavoro e sulla vita delle singole persone. Un ulteriore valore aggiunto del mio lavoro riguarda le relazioni con altri professionisti (come ingegneri, filosofi e giuristi) che mi permette di connettere mondi solo apparentemente molto distanti tra loro.

Come si svolge nel concreto la sua attività?

La routine varia molto da un periodo all’altro, ma investo sempre una parte considerevole del mio tempo nello studio e nella formazione personale: effettuo esperimenti per validare nuove applicazioni di intelligenza artificiale, inoltre nell’ambiente accademico lavoro allo sviluppo di nuove competenze. Per il resto, partecipo a conferenze, tengo lezioni sull’etica e sul diritto dell’intelligenza artificiale e di informatica giuridica, nei corsi di ingegneria così come di giurisprudenza, e questo aspetto credo enfatizzi come la mia professionalità unisca discipline che sulla carta possono sembrare bolle che non si parlano. Poi c’è una parte del mio lavoro che viene spesso sottovalutata ma che in realtà è fondamentale, ossia le relazioni interpersonali: i risultati che si ottengono nel tempo, infatti, sono frutto di discussioni, dialoghi e confronti scientifici che nascono proprio dallo scambio con gli altri, che alimentano il pensiero e la riflessione.

Ci può raccontare com’è stato il percorso che l’ha portata a intraprendere questa attività?

Ho avuto un lungo periodo di formazione classica, poi all’università ho studiato giurisprudenza e soltanto durante il dottorato di ricerca ho iniziato a lavorare nell’ambito dell’intelligenza artificiale e del machine learning. Non è stato un passaggio semplice, anzi, ma credo che la mia formazione classica, il mio amore per la letteratura, l’arte e la musica – che sono espressione della natura umana – siano parte del modo in cui affronto i problemi legati all’uso dell’intelligenza artificiale. Un messaggio che ora vorrei trasmettere alla me stessa di quand’ero bambina riguarda la consapevolezza che anche le donne possono fare le scienziate, ovviamente al pari degli uomini. Anche se oggi questo stereotipo è stato parzialmente superato, ci tengo a ribadire alle ragazze di non farsi scoraggiare e di seguire le proprie passioni: un aspetto che non è affatto scontato, perché ci sono delle resistenze in molti ambienti scientifici che finiscono per condizionare le scelte delle studentesse. Eppure, promuovere la parità di genere dovrebbe essere una sfida che portiamo avanti tutti insieme quotidianamente.

Quanto, nel definire la sua professionalità odierna, è stato utile lo studio e quanto invece la pratica?

Direi metà e metà: lo studio ha rappresentato una parte fondamentale del mio percorso, ma senza la parte pratica è impossibile riuscire a comprendere le reali dinamiche economico-sociali e gli aspetti etici che caratterizzano le applicazioni dell’intelligenza artificiale. Per me è stato decisivo mettermi in gioco in prima persona: ho iniziato a testare gli effetti dell’intelligenza artificiale sulla società attraverso simulazioni di laboratorio e ho sperimentato nuove soluzioni. Ogni sistema di machine learning ha delle caratteristiche uniche e un meccanismo di funzionamento specifico. Per esempio è molto conosciuto ChatGPT, ma ci sono molti altri sistemi di IA con caratteristiche differenti e modelli predittivi molto diversi. Conoscere il software e analizzare nel dettaglio cosa c’è dietro questi strumenti, e su quali dati sono addestrati, è essenziale per approfondire gli aspetti etici e giuridici. Proprio la mia attività sul campo mi ha permesso di sviluppare una maggiore sensibilità per le implicazioni sociali, che non avrei mai potuto apprendere dai libri. Per questo mi sento di consigliare sempre di approfondire gli argomenti, con il desiderio di scoprire, di esplorare e di capire davvero quali questioni sollevano.

A cosa serve applicare i principi etici e giuridici all’intelligenza artificiale?

Spesso concepiamo erroneamente l’intelligenza artificiale come un oracolo in grado di prevedere il futuro, per esempio l’andamento dei mercati azionari o chi assumere per una certa posizione lavorativa. In realtà le risposte dell’intelligenza artificiale non arrivano dal futuro ma dal passato, dalle nostre credenze, da ciò che siamo stati, dalle decisioni che abbiamo preso. L’IA è una vera e propria scienza che ci permette di scoprire aspetti a volte nascosti del mondo in cui viviamo. Può fare ben di più che consigliarci quale candidato assumere per un posto di lavoro o stabilire il piano aziendale da adottare per raggiungere un obiettivo strategico. Per esempio, i sistemi di apprendimento automatico devono essere in grado di adattarsi al contesto e di compiere violazioni intelligenti delle regole quando necessario. Basta pensare a un veicolo a guida autonoma: è giusto che rispetti il codice della strada, ma deve essere in grado a violarlo in casi eccezionali e di emergenza. A volte superare una doppia linea continua può salvare la vita a una persona, o evitare un grave incidente.

Infine, possiamo anche usare l’intelligenza artificiale per identificare violazioni commesse da altri sistemi di intelligenza artificiale o da esseri umani. Un esempio interessante riguarda un sistema a cui ho lavorato per l’identificazione automatica di clausole abusive all’interno di contratti con consumatori e di informative privacy. Nonostante esistano numerose norme che tutelano consumatori e cittadini, molto spesso vengono violate e una serie di clausole abusive inserite all’interno di questi documenti: l’intelligenza artificiale in questo caso può promuovere il rispetto dei diritti delle persone, e supportare gli organi di controllo, visto che non sempre c’è il tempo materiale di controllare riga per riga il contenuto di tali documenti. Così da un lato i cittadini diventano più consapevoli dei propri diritti e dall’altro le aziende si trovano di fatto costrette a essere più corrette e trasparenti, generando un circolo virtuoso.