10 febbraio 2011 - Negli anni Cinquanta lo avevano etichettato semplicemente come «Metriorhynchus», che significa più o meno «antico coccodrillo ormai estinto», e per lunghi decenni è stato dimenticato. Almeno fino a quando Federico Fanti, ricercatore del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna, e Andrea Cau, paleontologo e collaboratore del Museo Geologico Cappellini di Bologna, hanno deciso di studiare da capo, come se si trattasse di un reperto appena trovato, le lastre di rosso ammonitico che contengono i resti fossili di un coccodrillo marino dell’antichità, ora ribattezzato Neptunidraco ammoniticus.
L’analisi delle ossa fossili si è rivelata sorprendente. Innanzitutto le condizioni di conservazione del reperto hanno permesso una serie di analisi anatomiche molto precise, molto più di quanto è normalmente possibile. Inoltre, la datazione è stata effettuata con due differenti metodologie e ha messo in evidenza che si tratta del più antico coccodrillo marino mai rinvenuto. Queste scoperte sono il nucleo dell’articolo che i due ricercatori hanno pubblicato sulla rivista Gondwana Research e che siamo andati a farci raccontare dalla viva voce di Federico Fanti.