Quando si pensa a un fisico, solitamente si hanno in mente due figure: la prima è quella del teorico, che studia le leggi della natura e utilizza il linguaggio della matematica per costruire modelli che ci aiutino a interpretare il mondo che ci circonda; la seconda è quella dello sperimentale, che inventa sistemi sperimentali per verificare la validità dei modelli teorici eseguendo misurazioni. L’incredibile avventura intellettuale compiutasi nel corso del ventesimo secolo nel campo della fisica delle particelle, culminata con la scoperta del bosone Higgs, l’ultimo tassello del Modello Standard, non sarebbe stata tuttavia possibile senza la presenza di una terza categoria di fisici, quella che Ugo Amaldi chiama degli «acceleratoristi». Si tratta delle persone che lavorano dietro le quinte degli acceleratori e dei rivelatori di particelle, quelle che “si sporcano le mani”, quelle che fanno in modo che le macchine funzionino a dovere. Ma anche e soprattutto quelle che inventano nuove tecnologie sperimentali che consentono alla ricerca di compiere balzi in avanti.
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