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Sperimentazione animale oggi

Nell’accogliere una Direttiva Europea il Parlamento italiano vuole limitare la sperimentazione sugli animali. Gli scienziati dicono la loro
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Nonostante tutti gli sforzi e i progressi fin qui raggiunti, «non esistono metodi alternativi, ma solamente metodi complementari»: la sperimentazione condotta sugli animali rimane un passaggio fondamentale per la ricerca biomedica e cercare di limitarla significa impedire alla medicina di «continuare i suoi progressi a beneficio degli ammalati». Sono le parole di Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano, e il punto di partenza di una lettera aperta ai senatori italiani scritta dagli scienziati per impedire che vengano poste preoccupanti restrizioni all’uso di animali in laboratorio.

Testo emendato, spirito travisato
A scatenare la reazione della comunità scientifica è stato un testo di legge approvato alla Camera dei Deputati, e ora in discussione al Senato, che accoglie una Direttiva Europea in materia di tutela dei diritti degli animali. Nel passaggio attraverso le comissioni parlamentari il testo è stato emendato fino al punto da trovarsi «in contraddizione con lo spirito della direttiva stessa». In particolare sono stati introdotti tre passaggi che rischiano di rivelarsi un ostacolo alla ricerca biomedica. Si tratta del divieto di allevare sul territorio italiano cani, gatti e primati a scopo sperimentale, il divieto di effettuare trattamenti di laboratorio senza l’uso dell’anestesia e il divieto di utilizzare animali per la formazione del personale delle strutture di ricerca.

Vivisezione, una parola fuori luogo
Alcuni scienziati italiani hanno fatto sentire la loro voce anche con una conferenza stampa (rintracciabile per intero in video a questo indirizzo) in cui hanno spiegato che «la recente proposta della Camera dei Deputati è fuori luogo». «Parlare di sperimentazione animale», ha spiegato Marco Pierotti, direttore scientifico della Fondazione Istituto Nazionale Tumori, «significa scontrarsi con alcuni pregiudizi che sono fuorviani». Per esempio, «viene spesso usata la parola 'vivisezione'», ma si tratta di un modo per colpire sul piano emotivo che non corrisponde alla pratica del laboratorio. Rispetto al passato, oggi molti animali non è necessario che vengano sacrificati, perché esistono tecnologie, come per esempio la risonanza magnetica funzionale, che permettono di vedere le loro reazioni agli stimoli e agli input sperimentali in vivo.

Predittività del modello animale
Quando si studia il comportamento di un farmaco, questo deve passare attraverso tre fasi fondamentali. Deve essere testato su colture cellulari per verificarne l’efficacia e valutarne la tossicità. «A questo stadio si ferma il 30% dei progetti», ha spiegato Giuseppe Pelicci, co-direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia. I farmaci che superano questa fase passano al test sugli animali, «dove si arena un altro 40% di progetti». Quando, infine, si passa alla sperimentazione sull’uomo, «il 50% dei progetti rimasti si ferma a questo livello». Complessivamente siamo di fronte a un processo lungo anche 15 anni e, comunque, «altamente inefficiente» (mediamente solo una piccola percentuale di progetti, attorno all’1%, diviene un farmaco a tutti gli effetti), ma è l’unico conosciuto e che garantisca il rispetto del metodo scientifico. Sostenere che la sperimentazione in vitro o in silico, come vengono spesso indicate le simulazioni al computer, hanno lo stesso valore predittivo del modello animale è intellettualmente scorretto. La complessità del micromabiente, le variegate interazioni tra tessuti, organi e apparati tra di loro e con i farmaci non possono sempre essere ridotti a un modello cellulare o a una simulazione software.

Oltre a identificare le molecole che non sono efficaci o non sono stabili, questo faticoso processo di sperimentazione per i farmaci ha anche l’obiettivo di salvaguardare i pazienti da somministrazioni di sostanze tossiche. Dei farmaci potenzialmente tossici, il modello animale, infatti, permette di individuarne circa due terzi, «anche se si tratta di una quantità che varia dal tessuto preso in considerazione», ha concluso Pelicci.

Risposte puntali al testo parlamentare
Massenzio Fornasier
, presidente della Società Italiana Veterinari Animali da Laboratorio (SIVAL) ha ribattuto punto per punto alle restrizioni proposte dalle comissioni parlamentari e attualmente inserite nel testo di legge. «Il divieto di allevamento sul territorio italiano non fa che spingere i laboratori a rivolgersi all’estero, presso allevatori dei quali è più difficile verificare il rispetto dei diritti degli animali». Sul fronte dell’anestesia, il testo emendato sembra indicare che «sia necessario somministrare l’anestesia anche per un semplice prelievo di sangue: il che vuol dire sottoporre gli animali a una procedura più pericolosa (l’anestesia) rispetto alla pratica stessa (il prelievo)». Anche il divieto di formare il personale di ricerca con gli animali significa potenzialmente un danno maggiore per gli animali stessi: «quando gli animali verranno manipolati da mani inesperte, la probabilità che lo facciano male è sicuramente più alta». Complessivamente, quindi, gli emendamenti sono «più dannosi per gli animali» e in «parziale contraddizione con lo spirito della tutela dei diritti degli animali».

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