Se i terrapiattisti avessero ragione non ci sarebbe problema: disegnare un mappamondo sarebbe semplicissimo, basterebbe fare un disegno in scala della Terra. Il compito sarebbe leggermente più complicato, ma comunque abbastanza facile, se la Terra avesse una forma cilindrica o conica. Invece purtroppo il problema c’è: esiste un modo fedele per realizzare una proiezione cartografica, cioè una rappresentazione su un piano della superficie (approssimativamente) sferica della Terra? Il problema è trascurabile se la porzione della Terra da rappresentare è molto ridotta: per piccole aree, come per esempio quella di una città, la superficie terrestre si può considerare con buona approssimazione piana. Questo però non è possibile per un mappamondo (o planisfero), cioè una rappresentazione piana dell’interno globo terrestre. Nel 1827 il tedesco Carl Friedrich Gauss, da molti considerato il più grande matematico della storia, dimostrò un risultato fondamentale sulla curvatura delle superfici che lui stesso chiamò Theorema Egregium per sottolinearne l’importanza (e la bellezza). Come corollario implica che, mentre il cono e il cilindro sono sviluppabili su un piano, cioè si possono rappresentare fedelmente, la sfera non lo è. Quindi per i mappamondi non solo il problema c’è, ma sappiamo anche che non ha soluzione. O meglio: ci sono tante soluzioni, tante proiezioni cartografiche possibili, ma il Theorema Egregium ci dice che nessuna è ottimale. Per esempio, se il disegno rispetta gli angoli fra le curve (quindi in particolare la perpendicolarità fra meridiani e paralleli, utilissima per le rotte navali), allora non rispetta i rapporti fra le distanze, e viceversa. Ogni mappamondo quindi risulta necessariamente imperfetto, ma ciascuno può essere utile da certi punti di vista. Fra le innumerevoli proiezioni cartografiche, molte fra le più diffuse rientrano in tre categorie principali: cilindriche, coniche e azimutali. Le proiezioni cilindriche si ottengono proiettando la superficie sferica su un cilindro, che poi viene sviluppato – cioè srotolato – su un piano; analogo il discorso per le proiezioni coniche, mentre quelle azimutali si ottengono proiettando la superficie sferica direttamente su un piano.
Matematici e cartografi hanno elaborato, dai tempi più antichi fino a oggi, numerosissime proiezioni con queste tecniche e molte altre, spesso anche combinate fra loro e modificate in vario modo nel tentativo di limitare gli svantaggi di ognuna.
Dai primi tentativi a Tolomeo
Disegnare carte geografiche è un’attività che risale almeno ai babilonesi, ma in origine l’approccio era ingenuo, artigianale. I primi studi sistematici sulle proiezioni cartografiche si devono ai geografi ellenistici. Le più antiche di cui abbiamo una qualche notizia sono dovute all’astronomo e cartografo Ipparco di Nicea, vissuto nel II secolo avanti Cristo, mentre intorno al 100 dopo Cristo Marino di Tiro avrebbe disegnato una carta del mondo abitato conosciuto (chiamato ecumene) usando una proiezione cilindrica piuttosto elementare, con meridiani e paralleli rappresentati come un reticolo di coordinate cartesiane ortogonali e le distanze conservate lungo i meridiani.
Nel II secolo dopo Cristo, Claudio Tolomeo, il più grande astronomo e geografo dell’antichità, rappresentò l’ecumene usando una proiezione conica, in cui i meridiani non sono paralleli fra loro come nella carta di Marino, bensì convergenti verso un unico punto. La proiezione di Tolomeo conserva le distanze non solo lungo i meridiani, ma anche lungo i due paralleli estremi.
In seguito Tolomeo sviluppò una seconda proiezione, più elaborata, che preserva le distanze lungo tutti i paralleli. Le sue proiezioni sono state il riferimento principale per le carte geografiche europee per un millennio.
La cartografia araba e l’ONU
Nell’alto Medioevo il centro di avanguardia delle scienze, comprese la cartografia e le discipline correlate come la geometria e l’astronomia, si era spostato nel mondo arabo. Una delle figure più rilevanti della scienza araba è stato Abu Rayhan Al-Biruni (973-1048): matematico, astronomo, cartografo, naturalista, filosofo, storico, linguista, insomma un uomo di scienza e di cultura a tutto tondo, proprio come in seguito gli artisti del Rinascimento. In un importante trattato di cartografia, Al-Biruni studiò e descrisse la proiezione azimutale vista dal Polo Nord. Il 30 ottobre 1947 un mappamondo realizzato in base alla tecnica di Al-Biruni è stato scelto dall’ONU come suo simbolo. Il motivo è che questa proiezione, anche se di scarsa utilità pratica, rappresenta la Terra da un punto di vista oggettivo (il Polo Nord, appunto) e – in linea con la vocazione dell’ONU – non ricorre a un meridiano di riferimento, che comporta sempre una scelta arbitraria e privilegia una regione o un continente come “centro del mondo”.
Il Rinascimento e Mercatore
Nel Rinascimento iniziò in Europa la grande avventura delle scoperte geografiche, soprattutto per mare, e si presentò quindi nuovamente la necessità di avere a disposizione carte geografiche accurate e idonee alla navigazione. Si cimentò nell’impresa anche Leonardo da Vinci, con un tentativo di cui rimane una traccia nel Codex Atlanticus del 1508.
Il più importante cartografo del Cinquecento è stato il fiammingo Gerhard Kremer (1512-1594), meglio conosciuto come Gerardo Mercatore (dal latino Mercator, che lui stesso aveva tradotto letteralmente da Kremer, cioè mercante). Nel 1569 Mercatore realizzò un famoso mappamondo basato su una proiezione cilindrica che porta ancora oggi il suo nome.
La proiezione di Mercatore conserva gli angoli ed è stata per secoli il riferimento delle carte nautiche per il grande pregio di rappresentare con segmenti rettilinei le rotte rettilinee. D’altra parte ha però lo svantaggio di non rispettare i rapporti fra le distanze, né fra le aree. È evidente infatti la sproporzione fra le regioni a seconda della latitudine: quelle subpolari risultano ingigantite rispetto a quelle tropicali (mentre quelle polari non compaiono); per esempio la Groenlandia, con un’area di circa 2 milioni di chilometri quadrati, appare delle stesse dimensioni dell’Africa, che ha un’area di circa 30 milioni di chilometri quadrati, cioè quasi 15 volte tanto.
La modernità fra scienza ed etica
La proiezione di Mercatore ha avuto una grande diffusione e ha stimolato diverse varianti. I suoi difetti però hanno spinto numerosi cartografi, nei secoli successivi, a studiare proiezioni alternative, fra cui quella del 1745 del matematico francese César-François Cassini e quella del 1822 dello stesso Gauss. Nel Novecento, con il grande sviluppo della matematica e delle scienze, le proiezioni si sono moltiplicate: fra le più interessanti, quelle di Van der Grinten (1904), Eckert (1906), Goode (1916), Fuller (1943), McBryde-Thomas (1949), Lee (1965), Cahill-Keyes (1975), Strebe (1995).
Agli aspetti scientifici si sono saldati poi quelli geopolitici e ideologici. Il mappamondo di Mercatore iniziò a risultare imbarazzante per il suo eurocentrismo e per lo spazio riduttivo dedicato ai Paesi in via di sviluppo e in particolare all’Africa. Nel maggio 1973 lo storico tedesco Arno Peters, nel corso di una conferenza stampa a Bonn, presentò un mappamondo “etico”, pensato per ristabilire l’equità e la giustizia rappresentando «in modo egualitario tutti i Paesi della Terra». Era basato a sua volta su una proiezione cilindrica, però modificata in modo da mostrare le aree nel loro giusto rapporto. Rispetto al mappamondo di Mercatore, in effetti, balzano all’occhio le dimensioni notevolmente maggiori di Africa, America Latina e Asia meridionale.
La carta di Peters ha avuto un enorme successo (è stata caldeggiata perfino dall’Unesco) proprio per il suo grande valore simbolico e morale. D’altra parte però è stata oggetto di dure critiche da parte degli studiosi: innanzitutto per la pretesa di originalità, quando invece una proiezione analoga era già stata proposta dal cartografo scozzese James Gall nel 1855 (e per questo oggi è chiamata spesso proiezione di Gall-Peters). Dal punto di vista ideologico, è stato fatto notare che rappresentare l’Africa più o meno grande non risolveva i suoi problemi sociali ed economici. Inoltre, l’aspetto esteriore rendeva sì le dimensioni reali dei vari continenti, ma non le forme: un recensore osservò che l’Africa e l’America meridionale facevano pensare a panni stesi ad asciugare. I cartografi invece erano indignati per i grossolani errori tecnici commessi da Peters, non specialista del settore; fra l’altro la sua carta, a dispetto delle intenzioni, non sempre manteneva quello che prometteva, cioè la conservazione dei rapporti fra le aree. Ma le stroncature più giustificate riguardavano l’atteggiamento di fondo di Peters, che in modo un po’ stucchevole si accaniva contro l’eurocentrismo della carta di Mercatore (già peraltro criticata da molti cartografi nei secoli intercorsi) e con una certa dose di arroganza pretendeva di aver finalmente realizzato l’utopia di un mappamondo oggettivo e definitivo, unendo il rigore scientifico all’universalismo dell’ONU. Alla fin fine, tralasciando le imprecisioni tecniche, se c’è un errore storico commesso da Peters è stato proprio quello di non voler ammettere che anche la sua proiezione, per quanto ispirata a nobili ideali, era arbitraria, parziale e in qualche modo ideologica come tutte le altre. Gauss non glielo avrebbe perdonato.