Il meteorite Tenham, precipitato in Australia nel 1879 (immagine: Wikimedia Commons)
Lo shock si verifica abbastanza velocemente da impedire la degradazione della bridgmanite che avviene a pressione inferiore, e la bridgmanite resta “congelata” all’interno di vene di fusione create dall’urto. Test precedenti eseguiti su meteoriti utilizzando la microscopia elettronica a trasmissione avevano causato danni da radiazioni ai campioni e avevano quindi fornito risultati incompleti.
Una sezione del meteorite Tenham, in cui è stata identificata e caratterizzata la bridgamanite. Il minerale si è formato ed è rimasto intrappolato nelle vene scure in seguito al violento impatto della collisione (immagine: Tschauneret et al, Science)
L’analisi ai raggi x
Il team di Tschauner ha quindi deciso di tentare una nuova tattica: raggi X micro-focalizzati non distruttivi per l’analisi di diffrazione e nuove tecniche di rivelazione con l’Advanced Photon Source, uno strumento situato presso l’Argonne National Laboratory del Dipartimento dell’Energia americano. I ricercatori hanno sfruttato l’alta energia e l’intensa brillantezza dei raggi X per svelare i segreti del meteorite Tenham, che si è schiantato in Australia nel 1879, praticamente senza causare danni.
I granuli di bridgmanite sono rari nel meteorite Tenham, e sono più piccoli di 1 micrometro di diametro. Così il team ha dovuto utilizzare un fascio fortemente focalizzato e condurre una mappatura di diffrazione ad alta risoluzione per identificare un aggregato di bridgmanite e condurre un’analisi strutturale e compositiva.
Questo primo esemplare naturale di bridgmanite ha rivelato alcune sorprese: contiene infatti una quantità inaspettatamente alta di ferro ferrico e di sodio rispetto ai campioni sintetici. Le informazioni ottenute non solo consentiranno di riempire una lacuna mineralogica, ma anche di comprendere meglio la struttura interna della Terra e il modo in cui gli elementi e il flusso di calore attraversano il mantello terrestre.
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