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La vita segreta degli pseudo-enzimi

Altro che inutili proteine sopravvissute all'evoluzione! Gli pseudo-enzimi svolgerebbero nella cellula importanti mansioni, che solo ora i ricercatori iniziano a decifrare e a studiare approfonditamente come eventuale bersaglio terapeutico.
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Altro che inutili proteine sopravvissute all'evoluzione! Gli pseudo-enzimi svolgerebbero nella cellula importanti mansioni, che solo ora i ricercatori iniziano a decifrare e a studiare approfonditamente come eventuale bersaglio terapeutico.

Se potessimo entrare all’interno di una qualsiasi cellula, ci ritroveremmo immersi in una vera e propria fucina di reazioni biochimiche, tutte con un ruolo chiave nel consentire alla cellula di produrre energia, dividersi, saggiare l’ambiente esterno o comunicare con le cellule vicine. I catalizzatori di queste reazioni sono gli enzimi, che grazie al loro sito attivo (o sito catalitico) interagiscono con il substrato della reazione e lo conducono verso la trasformazione finale. Tra gli enzimi più studiati ci sono le protein-chinasi: si tratta di una famiglia numerosissima, di cui fanno parte molti enzimi diversi, ma accomunati dalla capacità di assistere il trasferimento di un gruppo fosfato al substrato. Questa reazione, chiamata di fosforilazione, gioca un ruolo chiave in moltissime funzioni cellulari, come ad esempio nelle vie di trasduzione del segnale che controllano la capacità di una cellula di dividersi, di migrare o di andare incontro a morte. Ma quante sono le protein-chinasi di una cellula?

 

Meccanismo di funzionamento di una protein-chinasi: l'enzima catalizza il trasferimento di un gruppo fosfato (in giallo e rosso) da una molecola di ATP ad una proteina bersaglio. La fosforilazione di una proteina si traduce in una modifica della sua funzionalità (ad esempio, nella sua attivazione) (Immagine: Wikimedia Commons)

 
Un esercito di pseudo-enzimi
Per rispondere a questa domanda, nel 2002, i ricercatori iniziarono a setacciare la sequenza del genoma umano per identificare tutte i geni codificanti per protein-chinasi. Ebbene, delle oltre cinquecento proteine-chinasi codificate dal genoma umano, circa il 10% è priva di almeno uno dei tre amminoacidi che sono fondamentali perché l’enzima possa svolgere correttamente la sua funzione. A causa di ciò, questi enzimi furono classificati come forme inerti delle controparti funzionanti: pseudo-enzimi, per l’appunto.
L’esistenza di pseudo-enzimi ha sempre lasciato i biologi piuttosto perplessi. Come è possibile che la cellula investa così tante risorse nella produzione di proteine che hanno, di fatto, perso la capacità di regolare le razioni biochimiche? Forse, dietro l’apparente inerzia biochimica degli pseudo-enzimi, si celava qualcosa di più.
 
Pseudo-enzimi: tutt’altro che inutili
Studi successivi confermarono questo sospetto. La sequenza di questi pseudo-enzimi, pur essendo mutata rispetto all’originale, è stata conservata dall’evoluzione nel corso di milioni di anni e può essere rinvenuta in moltissimi organismi, dai batteri alle piante, fino agli organismi più evoluti. Questo può significare solo una cosa: che queste proteine devono avere un ruolo, una funzione importante che giustifichi la costanza con cui le cellule continuano a mantenerle nel proprio repertorio proteico.
Scavando nelle funzioni di questi enzimi, i ricercatori si sono accorti che non si trattava, in molti, casi di proteine inerti come inizialmente supposto. Per alcuni di questi enzimi, si è scoperto un sito catalitico diverso da quello canonico, ma comunque in grado di portare a termine la reazione di fosforilazione (come nel caso della proteina-chinasi CASK, in figura). Altri, pur non svolgendo l’attività chinasica inizialmente ipotizzata, garantiscono il corretto svolgimento delle reazioni biochimiche. Alcuni di questi enzimi supportano l’attività delle proteine chinasiche, come aiutanti che rimangono dietro le quinte delle reazioni enzimatiche. Ad esempio, alcuni pseudo-enzimi interagiscono con le proteine-chinasi, facendo loro acquisire la conformazione giusta allo svolgimento della reazione. Altri, si legano ai recettori che permettono alle cellule di comunicare con il microambiente esterno alla cellula, oppure forniscono delle piattaforme di interazione per altre proteine. E altri esempi ancora continuano ad aggiungersi, confermando l’idea che gli pseudo-enzimi – pur non catalizzando in prima persona le reazioni chinasiche – attuino un’attività regolatoria fondamentale al loro svolgimento.
 

Rappresentazione schematica della struttura proteica dell'enzima CASK, a lungo considerato uno pseudo-enzima incapace di catalizzare reazioni enzimatiche. (Immagine: Wikipedia)

Nascita di uno pseudo-enzima
Man mano che la ricerca dà il giusto credito alle funzioni degli pseudo-enzimi, iniziano anche a chiarirsi i meccanismi che potrebbero essere stati alla base della loro evoluzione. La stretta somiglianza con la sequenza di proteine-chinasi funzionanti suggerisce che gli pseudo-enzimi si siano originati per duplicazione genica: in un qualche momento della nostra storia evolutiva, un gene codificante per una proteina-chinasi si è duplicato. Con il tempo, questa nuova sequenza è divenuta il bersaglio di mutazioni che hanno corrotto la sequenza originaria del sito catalitico: nasce così uno pseudo-enzima che, pur mantenendo la somiglianza con la proteina d’origine, è incapace di portare a termine la reazione di fosforilazione.
 
La seconda vita degli pseudo-enzimi
Riemersi da poco da quella che è stata per molto tempo una vita di proteine clandestine, gli pseudo-enzimi sono ora uno dei punti di massimo interesse dei biologi molecolari. Visto l’importante ruolo svolto nel regolare le reazioni biochimiche, l’idea è quella di utilizzare gli pseudo-enzimi come bersaglio di nuove strategie terapeutiche. Invece che andare a colpire direttamente gli enzimi che governano una certa reazione, questi nuovi farmaci potrebbero in futuro garantire una terapia più mirata e, allo stesso tempo, più facile da modulare.
Le chinasi sono al momento uno dei punti caldi della ricerca farmacologica e l’introduzione di inibitori specifici delle chinasi ha letteralmente rivoluzionato l’esito di molte malattie. L’esempio più famoso è forse quello dell'Imatinib, un inibitore utilizzato per il trattamento della leucemia mieloide cronica. Nonostante l’efficacia di questi inbitori, esiste però un fondamentale svantaggio: la mancanza di specificità. Il sito catalitico delle chinasi è simile in tutti gli enzimi di questa classe: questo significa che la somministrazione di un inibitore delle chinasi andrà ad interferire con molti enzimi diversi, non solo con quello che si vuole bloccare. Ma se invece di bloccare il sito catalitico delle chinasi, i farmaci interferissero con il funzionamento di proteine regolatorie, come appunto gli pseudo-enzimi? Questi ultimi non sono condivisi dalle diverse chiansi: ognuna ha una o più psudo-enzimi che le assiste e colpirli permetterebbe di ottenre azioni terapeutiche molto più fini e specifiche di quanto non sia possibile fare ad oggi.

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