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Alle origini dei dinosauri

Sappiamo cosa sono diventati, ma da dove vengono i dinosauri? Nuove analisi di un vecchio fossile aggiungono un tassello al quadro dell'evoluzione delle "lucertole terribili".
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Sappiamo cosa sono diventati, ma da dove vengono i dinosauri? Nuove analisi di un vecchio fossile aggiungono un  tassello al quadro dell'evoluzione delle "lucertole terribili".

 

Una ricostruzione artistica di Nyasasaurus parringtoni (Credit: © Natural History Museum, London/Mark Witton)

Sappiamo bene quali sono attualmente i parenti più prossimi dei dinosauri. Anzi si può tranquillamente dire che i dinosauri sono tra noi, e li chiamiamo uccelli.

Ma quali sono i parenti più remoti? Da quale gruppo cioè si sono originati? Nuove analisi di reperti fossili ci offrono una possibile risposta.

I fossili in questione appartengono a Nyasasaurus parringtoni e la loro posizione nella filogenesi e nella sistematica è ancora incerta: o si tratta di un dinosauro molto arcaico, o è il loro parente più prossimo nel loro passato. In entrambi i casi questo retrodata la linea evolutiva dei dinosauri di almeno quindici milioni di anni e conferma la "culla" del taxon in Africa.

I fossile in sé non sono nuovi, sono anzi stati portati alla luce nel 1930 dal paleontologo Francis Rex Parrington (da cui il nome) in Tanzania, e i poveri resti, appartenenti a due esemplari, rimasero ignorati in un cassetto assieme ad altri fossili della zona. Nel 1956 un altro paleontologo, Alan J. Charig,  li esaminò durante la sua tesi di dottorato e poi azzardò una prima classificazione e una nomenclatura. Né l’una né l’altra vennero mai prese in considerazione, sia perché questi questi studi non furono  approfonditi, sia perché classificare una nuova specie, specialmente con resti così frammentari, non è semplice: i tassonomisti pretendono dati solidi per poter dichiarare di essere di fronte a un typus distinto dalle altre specie già descritte.

Solo nel 2012 un team di paleontologi guidato da Sterling J. Nesbitt (Washington State University, USA) ha condotto un’analisi accurata e, mantenendo e "ufficializzando" la denominazione N. parringtoni, ne ha anche approfondito la collocazione sistematica e filogenetica, con conclusioni che si avvicinano a quelle già abbozzate da Charig. Il loro lavoro è stato recentemente pubblicato sulla rivista Biology letters.

In evidenza le fibre disorganizzate del tessuto osseo dell’omero, indicazione di una rapida crescita (Credit: © Natural History Museum, London/Mark Witton)

La specie è senz’altro nel clade dei Dinosauriformi, quello che appunto è da chiarire è se le caratteristiche più arcaiche siano sufficienti a collocarlo fuori dal clade Dinosauria  (andando così a riempire una linea evolutiva fantasma, cioè priva di fossili, finora solo ipotizzata), o se ne faccia effettivamente parte. Tra le caratteristiche più eclatanti che secondo gli autori lo rendono un fossile di transizione (e perfettamente prevedibile dalla biologia evolutiva), c’è la struttura delle ossa, che indica una rapida crescita, e l’omero che evidenzia una cresta deltopettorale, un punto di aggancio per alcuni muscoli degli arti anteriori. Questi tratti sono entrambi tipici dei dinosauri. L’animale calcava il suolo della Pangea almeno 10-15 milioni di anni prima di quello del più antico dinosauro finora conosciuto, Eoraptor.

Di certo queste conclusioni non sono affatto definitive, la frammentarietà e scarsità di reperti richiedono enorme cautela.

Il lavoro mostra una faccia della paleontologia forse poco nota, come dicono anche le parole di Paul Barrett (Natural History Museum, Londra) coautore del lavoro: «Questo lavoro evidenzia l’importante funzione dei musei nel preservare esemplari il cui valore scientifico potrebbe essere sottovalutato prima di essere stati esaminati e riesaminati in dettaglio. Molte delle più importanti scientifiche avvengono in laboratorio, come in campo.»

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