Silvia Vignolini è una simpatica scienziata fiorentina, giovane e già un po’ famosa, per aver studiato il colore di una bacca africana che potrebbe essere il frutto più brillante del creato.
Silvia Vignolini
Potreste pensare che Silvia abbia una passione congenita per tutto ciò che mette radici, che la sua infanzia sia trascorsa nel giardino di Boboli e che un florido avvenire da botanica la attenda.
Niente di più sbagliato. La dottoressa Vignolini è perfino allergica al polline. Circa due anni fa è partita da Firenze, con un dottorato in fisica in tasca, convinta che nel laboratorio Cavendish (sì, proprio quello dove stavano Watson e Crick, a Cambridge) avrebbe continuato le sue ricerche su un universo ben poco animato: un mondo di materiali rigorosamente sintetici, in cui cercare interferenze di luce interessanti. L’idea era di scovare oggetti con proprietà ottiche particolari, da usare per esempio nell’elettronica.
Immaginate la delusione sulla faccia di Silvia quando Ulrich Steiner, il direttore del laboratorio, le ha proposto di collaborare con alcuni biologi del laboratorio di scienza dei vegetali a un progetto sull’iridescenza di una bacca africana. “Io che studio le bacche?! E con dei biologi, per giunta! Ma che diavolo di progetto mi hanno rifilato?”.
Alla fine la dottoressa Vignolini si è arresa e si è messa al lavoro. Per recuperare la sua Pollia condensata, questo il nome della piantina, Silvia non è dovuta andare in Africa. Robert Faden, un botanico degli Smithsonian’s, le ha suggerito di fare un salto a Londra, a Kew Gardens. Qui, nella collezione di piante più grande al mondo, la curatrice Paula Ruden ha estratto un campione conservato in un erbario dal 1974. Pur essendo arrivato lì dal Ghana quasi quarant’anni prima, non aveva perso nulla della sua brillantezza. A differenza dei pigmenti, i colori iridescenti resistono per decenni.
Un frutto di Pollia condensata, raccolto in Ghana e conservato dal 1974 in un erbario
dei Royal Botanic Gardens a Kew, vicino a Londra (foto di P.J.Rudell).
Perché il frutto della Pollia è così brillante? Il trucco sta nella disposizione degli strati di cellule che Silvia ha visto al microscopio: sono cellule dalla parete piuttosto spessa e ciascuna di esse contiene all’interno molte fibre di cellulosa. Le fibre corrono parallele le une alle altre, ma ogni strato è leggermente ruotato rispetto a quello inferiore e superiore, e in questo modo si crea una specie di spirale. Quando questa impalcatura di cellule e fibre interferisce con la luce, ogni riflesso si amplifica, dando luogo a uno degli effetti di iridescenza più forti mai visti in natura. E non di un solo colore: poiché la distanza fra gli strati di cellulosa varia da cellula a cellula, anche la luce riflessa non è sempre la stessa. Per questo, le bacche viste da vicino sono a puntini di tanti colori.
La parete spessa delle cellule del frutto di Pollia, a sinistra,
e le fibre parallele di cellulosa, a destra (immagini di Silvia Vignolini).
e le fibre parallele di cellulosa, a destra (immagini di Silvia Vignolini).
Come funziona l’iridescenza? Pensate alle bolle di sapone: quando i raggi luminosi incontrano lo strato sottile di detergente, possono essere riflessi immediatamente o penetrare all’interno e riemergere dopo avere subito delle deviazioni. I colori che osserviamo sono dovuti all’insieme di queste riflessioni e alla loro interferenza. Lo stesso accade con la bacca di Pollia, ma anche con le ali di farfalle, maggiolini e uccelli che luccicano al sole.
Una bacca intera di Pollia, visualizzate al microscopio
con un effetto di epi-illuminazione (foto di Silvia Vignolini).
con un effetto di epi-illuminazione (foto di Silvia Vignolini).
Brilla, brilla, ma non si mangia. Il frutto della Pollia non è velenoso, ma è insapore e contiene soltanto semi secchi. Assomiglia parecchio alle bacche nutrienti di un’altra pianta che cresce nella stessa regione, la Psychotria peduncularis. È possibile che l’iridescenza della Pollia sia un’imitazione mimetica dei frutti commestibili e che gli animali, attratti dalla brillantezza e confusi dalla somiglianza, mangino anche i frutti secchi della Pollia e ne disperdano i semi.
La vita è piena di fenomeni iridescenti, soprattutto nel mondo animale. Fra le piante il luccichio è meno comune, ma c’è ancora tanto da esplorare. Al punto che la dottoressa Vignolini, ormai convertita al verde, sta pensando di prendere un secondo Ph.D. in biologia...E chi lo avrebbe mai detto!
Ho scoperto le bacche iridescenti di Pollia condensata nel magnifico post di Ed Yong. Incuriosita, ho letto l’articolo uscito sulla rivista Pnas, che ha un titolo bellissimo: “Colori strutturali divisionisti nel frutto di Pollia”. Poi ho fatto una piacevole chiacchierata con Silvia Vignolini, che da Cambridge mi ha raccontato come ha scoperto il segreto dell’iridescenza delle bacche di Pollia e come si sta appassionando ai colori brillanti della natura. L’immagine di apertura, di Paula Rudall, è un’infruttescenza da un campione di Pollia raccolto in Etiopia e conservato in alcol. Mentre i pigmenti delle foglie sono sbiaditi, la colorazione blu del frutto iridescente si è mantenuta per quasi un secolo.