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Guerra di cornflakes e zollette di zucchero

Secondo uno studio pubblicato questo mese su Global Public Health, il dolcificante estratto dal mais, presente in tantissimo cibi e bevande, può influenzare la comparsa di obesità e del diabete.
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Secondo uno studio pubblicato questo mese su Global Public Health, il dolcificante estratto dal mais, presente in tantissimi cibi e bevande, può influenzare la comparsa di obesità e del diabete. Si tratta dell’ultima battaglia nella annosa guerra tra i sostenitori dei dolcificanti e quelli dello zucchero tradizionale. Lo chiamano in termine tecnico HFCS (High fructose corn syrup), ovvero uno sciroppo di fruttosio derivato dal mais, che oggi ritroviamo in tantissimi cibi, non solo nelle bevande gassate o nel ketchup, ma anche in cibi che apparentemente sembrerebbero averci poco a che fare, come gli hamburger, i würstel o il pangrattato.

Il fruttosio in moltissimi cibi confezionati ha sostituito il tradizionale saccarosio, dal momento che ha un potere dolcificante dieci volte maggiore e viene facilmente estratto dalla lavorazione del mais. Secondo una dichiarazione dello scorso maggio, per il Center for Science in the Public Interest statunitense non esistevano prove a conferma di differenze sostanziali tra il consumo di HFCS e del normale zucchero di canna. Ma in questi giorni è arrivata la smentita da uno studio condotto su 42 diversi Paesi, a firma di Michael Goran e colleghi, che si occupano di medicina preventiva alla Southern California University.

Ti presento il fruttosio
Il fruttosio è normalmente presente in frutta e miele: una volta assorbito, giunge al fegato dove si trasforma in glucosio, glicogeno epatico e in trigliceridi. Per questo un eccessivo consumo di fruttosio può produrre un aumento di trigliceridi nel sangue. Inoltre lo studio ha messo in evidenza che il consumo di HFCS aumenta la quota di grassi collegati all’insulino-resistenza, predisponendo alla comparsa di diabete di tipo II, che è attualmente considerato tra le malattie emergenti dal CDC.

Lo sciroppo di fruttosio, nonostante sia così dolce, stimola inoltre meno la formazione di leptina, un ormone responsabile del senso di sazietà, e una minor produzione di insulina, che è il traghettatore del glucosio alle cellule, rispetto al saccarosio. Questi due fattori influenzano un consumo di calorie eccessivo, con una tendenza a un comportamento di sovralimentazione e maggiore propensione all’obesità.

Questione di dose
Come per tutti gli alimenti il danno lo crea la quantità ingerita: si consiglia un consumo giornaliero di 25 grammi di HFCS: nella tabella dello studio di Global Public Health l’Italia si trova circa  a metà dei 42 Paesi presi in considerazione, con un calcolo di consumo annuale pro-capite di 400 grammi circa, quindi ancora possiamo stare tranquilli. Nella tabella colpisce la totale assenza del HFCS nei prodotti di alcune nazioni, come l’Irlanda o la Danimarca, mentre il maggior consumatore è rappresentato dagli Stati Uniti (quasi 25 kg pro-capite annui).

Etichetta di una bevanda contenente fruttosio. Foto di Matt Rourke

Mais ovunque
Negli Usa la presenza di questo derivato del mais è veramente onnipresente, tanto da ispirare un documentario indipendente già nel 2007, King Korn. Infatti sembra che il mais negli ultimi tempi sia stato preso di mira non solo per l’utilizzo nell’industria alimentare, ma anche per la scarsa biodiversità che la sua coltura intensiva produce, spinta soprattutto dagli incentivi per la produzione del biogas.

Si potrebbe dire che questo studio sia l’ultima stoccata nella battaglia tra la Corn Refiners Association e la Sugar Association statunitense. Nel 2010 infatti la prima aveva proposto alla FDA di cambiare il nome da HFCS a zucchero di mais, richiesta fortemente osteggiata dalla Sugar Association. Nel maggio 2012 infatti la FDA ha rifiutato la mozione dei sostenitori del mais, considerando la dicitura fuorviante, perché richiama alla mente una sostanza cristallina solida, quando in realtà si tratta di un vero sciroppo. La Corn Refiners Association nel 2012 ha dovuto quindi ingoiare un paio di medicine amare, in sciroppo.
 

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