Chi era Hans Christian Ørsted?
Nato nel 1777 a Rudkøbing, una cittadina mercantile nell’isola di Langeland, nel sud della Danimarca, dove la famiglia è proprietaria di una farmacia. Ha appena compiuto trent’anni quando inizia la cosiddetta Seconda Battaglia di Copenhagen (16 agosto - 5 settembre 1807), nel quadro delle Guerre napoleoniche che sconvolgono l’Europa. La battaglia danese vede contrapposte le forze danesi e norvegesi contro quelle britanniche e sono una delle scintille che portano alla Guerra di anglo-russa. Nonostante il pesante bombardamento della capitale, il Regno di Danimarca nella prima metà del XIX secolo conosce una stagione di grande fermento culturale, la cosiddetta Età d’oro danese. Fioriscono le arti e le scienze, e Ørsted è uno dei protagonisti assoluti: amico dello scrittore Hans Christian Andersen, fratello di un politico di spicco (Anders Sandøe, Primo ministro dal 1853 al 1854) e corrispondente con i più importanti intellettuali dell’epoca, in particolare con quelli dell’area germanofona. Ørsted è un intellettuale eclettico: scrive poesie e testi filosofici e nel 1799 scrive in latino la propria tesi di dottorato, Dissertatio de forma metaphysices elementaris naturae externae, in cui commenta una recente opera di Immanuel Kant, i Principi metafisici della scienza della natura del 1786. Ma è per i suoi studi di scienze, di filosofia naturale - come si diceva allora - che rientra nelle pagine di storia, perché per primo dimostra sperimentalmente che le correnti elettriche generano un campo magnetico.Elettricità e magnetismo all’inizio dell’Ottocento
L’idea di una vicinanza, di una certa specularità tra due forze della natura, quella elettrica e quella magnetica, circolano già dalla metà del Settecento. Nel 1750 Benjamin Franklin, per esempio, dimostra che un fenomeno elettrico, il fulmine, produce effetti magnetici, ma ne attribuisce la causa non all’elettricità, ma al surriscaldamento degli aghi magnetici provocato dal fulmine. Si sapeva inoltre che cariche elettriche dello stesso segno si respingono, mentre quelle opposte si attraggono. Per il magnetismo accadeva qualcosa di analogo: poli magnetici dello stesso segno si respingono, quelli di segno opposto si attraggono. Una svolta decisiva arriva con l’invenzione della pila di Alessandro Volta. Una pila aveva due poli opposti, cioè era molto simile a un magnete. In un contesto culturale come quello della prima metà dell’Ottocento era quindi quasi naturale cercare interazioni tra una pila e un magnete, e anche tentare la produzione di effetti elettrici con un magnete (e viceversa). Come scrive lo storico della scienza Roberto de Andrade Martins: «All'inizio dell'Ottocento era diffusa la convinzione che dovesse esserci una profonda corrispondenza tra elettricità e magnetismo, e che in alcuni casi un magnete e una pila potessero produrre effetti similIi».L’esperimento di Ørsted “rompe” la simmetria attesa
È in questo contesto culturale che Ørsted svolge i propri esperimenti che, come dimostra lo stesso Martins, non sono figli di un evento casuale (la lezione del 1820), ma il frutto di una lunga serie di tentativi di individuare la relazione tra elettricità e magnetismo. Secondo lo storico Simon Altmann, Ørsted sperimenta con magneti e circuiti elettrici almeno dal 1812 e impiega quindi otto anni ad arrivare alla scoperta della relazione che li lega. Johan Georg Forchhammer, che lavora come assistente di Ørsted nel 1818 e nel 1819, testimonia che il problema lo occupa ben prima del 1820.
Per approfondire
Le citazioni di Ørsted e Hansteen, come molte delle informazioni sul contesto storico e la nascita dell'elettromagnetismo provengono da questi due testi:
Roberto De Andrade Martins, Resistance to the Discovery of Electromagnetism: Ørsted and the Simmetry of the Magnetic Field, in: Fabio Bevilacqua & Enrico Giannetto (eds.), Volta and the History of Electricity, Pavia / Milano, Università degli Studi di Pavia / Editore Ulrico Hoepli, 2003, pp. 245-265. Disponibile a questo link.
VV. AA. Hans Christian Ørsted and the Romantic Legacy in Science, Springer 2007.