La scienza di come e perché invecchiamo: un ottimo libro inglese, a firma di Sue Armstrong, racconta che cosa ne sappiamo e che cosa si potrebbe fare per migliorare la seconda parte della vita.
A differenza che col denaro, il potere o il numero di partner, con l’invecchiamento non ci si può distinguere più di tanto gli uni dagli altri. Ricchi e poveri, uomini e donne, bianchi, gialli, rossi, neri... per tutti è difficile sfuggire al tempo.
Entro il 2020 il numero di persone con più di 65 anni in tutto il mondo sarà per la prima volta superiore al numero di bambini tra 0 e 4 anni e continuerà ad aumentare. L'invecchiamento della popolazione globale è un problema sociale le cui tensioni si risentono già: i servizi sanitari e di assistenza faticano a far fronte alle esigenze di anziani fragili e frustrati e di famiglie estenuate da difficoltà e fatiche. Con il cambiamento climatico, è una delle sfide più tremende (e stimolanti) di oggi e domani.
Perché invecchiamo? Gli scienziati si pongono la domanda da secoli. Una miriade di teorie in competizione fra loro propongono diverse ipotesi, dall'idea che i nostri corpi si logorino per la ruvidità di una vita tumultuosa, al pari di scarpe che si consumano o di un'auto che arrugginisce, alla convinzione che l'invecchiamento e la morte siano geneticamente programmati e controllati.
Se l’invecchiamento è inevitabile, forse le sue manifestazioni più fastidiose si possono mitigare se capiamo da cosa sono causate. In Borrowed Time (Bloomsbury, 2019), Sue Armstrong racconta la storia della ricerca sull'invecchiamento, una disciplina giovane ma sempre più attiva e rilevante. Ottima divulgatrice britannica, Armstrong prova a spiegare perché nei non più giovanissimi la pelle si increspa, le ferite impiegano più tempo a guarire e le parole sfuggono nei momenti cruciali della conversazione.
Anche il sistema immunitario invecchia. In un anziano i linfociti, le tipiche cellule delle nostre difese, spesso procedono a zig-zag: i neutrofili, per esempio, quando rispondono a un segnale infiammatorio, si muovono verso la lesione da riparare “come una squadra di emergenza con un GPS difettoso, provocando qualche danno collaterale lungo il percorso”. Parole di Janet Lord, professoressa all’Institute of Inflammation and Ageing dell’Università di Birmingham, che sta cercando composti per migliorare la funzionalità di queste cellule negli anziani.
Vogliamo parlare dei muscoli? Sempre secondo Janet Lord, il muscolo inattivo butta fuori citochine pro-infiammatorie, mentre il muscolo in movimento rilascia citochine anti-infiammatorie, per ristabilire l'equilibrio. Ecco perché l'attività fisica fa così bene e perché fa male stare a lungo seduti, e perché il tempo trascorso in modo sedentario è un fattore di rischio indipendente per la salute. Insomma, uno può anche uscire per la propria corsetta giornaliera, ma se poi sta seduto per dieci ore di seguito, potrebbe anche evitarsi il disturbo perché i benefici dell'allenamento mattutino si annullano. (Da notare che in parecchi uffici stanno cominciando ad andare di moda le scrivanie e le riunioni in cui si sta in piedi).
Janet Lord (Università di Birmingham) racconta i suoi studi sull’invecchiamento e i neutrofili.
E il grasso? Invecchiando, alcune cellule staminali tendono a diventare cellule adipose, sempre secondo la Lord. Anche una persona piuttosto magra può avere un sacco di tessuto adiposo sparso nel corpo. Sembra che i recettori sulla superficie di alcune cellule staminali cambino, e che per questo non possano più ricevere i segnali che dicono loro di 'fare una cellula muscolare' o 'fare una cellula del timo', e il comando predefinito pare che sia 'fare una cellula adiposa'".
E l’energia? Sappiamo che i mitocondri, le centrali energetiche della cellula, provengono da un batterio che qualche era geologica fa fu inghiottito da una cellula che respirava ossigeno e che non riuscì a digerirlo. Il mitocondrio, intrappolato all'interno della cellula, usava il cibo nel citoplasma dell'ospite per produrre abbondante energia. Nel tempo si è sviluppata una relazione mutualmente benefica che ha permesso a entrambi di prosperare. Oggi i mitocondri sono elementi profondamente integrati nelle nostre cellule, al punto che vengono accettati come parte del "sé" dal sistema immunitario. Tuttavia, quando i mitocondri fuoriescono da cellule danneggiate, o sono loro stessi deteriorati dall'età, rilasciano molecole che ricordano le loro origini batteriche e che allertano il sistema immunitario a quella che sembra essere un'invasione aliena.
E alle cellule senescenti cosa accade? Perché smettano di fare danni bisogna che siano prima bloccate e poi demolite, ma negli anziani questo processo è lento e spesso difettoso. Per dirla con Richard Faragher, che insegna biogerontologia all'Università di Brighton: "Gli studenti di 18 anni a cui insegno, nel momento stesso in cui producono una cellula senescente, l'hanno già fatta a pezzi. Quando uno arriva alla mia età, invece, le cose vanno più o meno così: 'Avete raggiunto il centro di assistenza delle cellule senescenti, la vostra chiamata è importante per noi, un rappresentante del sistema immunitario sarà a vostra disposizione a breve... Nel frattempo, ecco un po' di musica, restate in linea!'".
Richard Faragher (Università di Brighton) racconta l’importanza sociale dei benefici della ricerca sull’invecchiamento.
In meno di 300 pagine il libro è pieno di interessanti storie di ricerca sull’invecchiamento che fanno spesso riflettere, molto imparare, a volte sorridere. Un panorama ampio, arricchito da interviste con i maggiori esperti. Nonostante il tema crepuscolare, il libro non lascia affatto sgomenti e, anzi, ridà vigore alla mente, con le tante vicende e risultati scientifici che fanno ben sperare in una vecchiaia più tollerabile.
Se fossi un po’ più giovane forse mi piacerebbe fare la biogerontologa. Diventare anziani è inevitabile: conoscere cause e possibili rimedi aiuta ad addomesticare il futuro, ad averne meno paura e a cercare strade per rendere questo periodo della vita quanto meno sopportabile, possibilmente piacevole. Il bel libro di Sue Armstrong, che spero trovi presto un editore italiano, fa proprio questo: con una scienza audace e onesta doma i timori di diventare vecchietti.
--
In apertura, una serie di autoritratti di Rembrandt van Rijn a diverse età.