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Geni e ribelli

Hans Krebs, ovvero: come non arrendersi di fronte agli ostacoli

Storia di un uomo mite che scappò dal Nazismo e vinse il Nobel in medicina per una della scoperte più importanti della biochimica del Novecento

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Il 10 giugno del 1937, dopo aver raccolto sufficienti dati sperimentali, Hans Krebs spedisce una lettera alla rivista Nature in cui descrive i propri studi sul “ciclo dell’acido citrico”. Nel suo diario personale annota:

[...] il documento mi venne rimandato indietro cinque giorni più tardi, accompagnato da una lettera di rifiuto. Era la prima volta, dopo aver pubblicato più di cinquanta articoli, che ricevevo un rifiuto.

Krebs, insomma, ci rimane male perché è convinto che il suo lavoro sia di “interesse generale” e solido. Poco male, perché due mesi più tardi lo stesso articolo viene pubblicato da un’altra rivista scientifica, Enzymiologia, con il titolo The role of citric acid in intermediate metabolism in animal tissues (“Il ruolo dell’acido citrico nel metabolismo intermedio nei tessuti animali”). A Nature si saranno probabilmente mangiati le mani quando proprio questo articolo si rivela la base per il conferimento del premio Nobel per la Medicina del 1953 per aver spiegato il ciclo metabolico fondamentale della respirazione cellulare. Questo ciclo, oggi, è noto proprio come “ciclo di Krebs”, in onore del suo scopritore.

Chi è Hans Adolf Krebs

Hans Krebs nasce a Hildesheim, in Germania, il 25 agosto del 1900. Suo padre è un medico specializzato in otorinolaringoiatria e forse proprio per seguire le orme paterne, anche lui studia medicina a Gottinga. In realtà, presto capisce che la sua passione è la ricerca, ma il padre lo scoraggia, convinto che non sia una strada che possa portare a un lavoro sicuro. Forse anche per questa opposizione del padre, il giovane Hans è descritto come insicuro e timido, rassegnato a fare come gli ha detto il padre. Dopo la laurea, si trasferisce così a Berlino per iniziare la pratica professionale. Ma il futuro si sarebbe rivelato diverso.

Il destino, secondo le sue stesse parole, si presenta sotto forma di un colpo di fortuna. Una sera del 1926, un suo amico, Bruno Mendel, è ospite a cena da Albert Einstein, già allora famoso e influentissimo scienziato tedesco. Durante la cena si chiacchiera liberamente di tutti i campi della ricerca scientifica di frontiera di allora. Così, salta fuori che che Otto Warburg, uno dei pionieri della ricerca sulla respirazione cellulare e destinato anche lui al Nobel di lì a pochi anni, sta cercando un assistente. Mendel, da buon amico, fa subito il nome di Krebs. 

Per colpa di quella cena, Krebs si ritrova assunto come apprendista di laboratorio al Kaiser Wilhelm Institut alle dirette dipendenze di Warburg, uno scienziato molto esigente, completamente dedicato alla propria ricerca e con un carattere non facilissimo. Per esempio, quando nel 1930 il contratto di Krebs giunge a termine, lo stesso Warburg non lo incita a cercare un’altra posizione, ma a riprendere la pratica medica perché come ricercatore non valeva molto. Nel suo diario, il timido e insicuro Krebs, scrive di essere giunto alla conclusione che:

il mio talento era piuttosto mediocre e fu solo il mio vivo interesse a spingermi a cercare un lavoro che mi desse l’opportunità di continuare a fare ricerca.

Il periodo a Friburgo e il problema delle radici

Scoraggiato, ma non del tutto abbattuto, Krebs riesce a continuare a fare ricerca a Friburgo. Qui lavora al ciclo dell’ornitina (dal nome di uno degli amminoacidi coinvolti, assiema alla citrullina e all’arginina), ovvero il ciclo metabolico per cui l’ammoniaca viene trasformata in urea e può essere eliminata attraverso l’urina. Si tratta del primo ciclo metabolico animale descritto nei dettagli chimici dalla scienza e a farlo è proprio Krebs, assieme allo studente Kurt Henseleit. La scoperta gli vale una certa fama e un impulso di autostima, ma la felicità è breve, perché nel 1933 con l’ascesa al potere di Adolf Hitler e del partito nazista si presenta il problema delle sue radici ebraiche

È un momento fondamentale della sua vita professionale e personale, che si risolve grazie all’intervento dalla Rockefeller Foundation. L’organizzazione americana, infatti, finanzia il suo trasferimento all’Università di Cambridge, nel Regno Unito, e offre anche i fondi necessari all’inizio delle sue ricerche. Di tutti gli scienziati tedeschi che lasciano la Germania a causa del panorama politico e istituzionale che si viene a creare con il Terzo Reich, Hans Krebs è proprio il primo, una sorta di apripista per molte altre persone di origine ebraiche o con visioni politiche in disaccordo con il regime.

La respirazione cellulare

Le sue ricerche in Inghilterra si concentrano sulla respirazione cellulare. In questo settore, negli anni Trenta del Novecento, sono attivi diversi gruppi di ricerca che hanno saputo individuare e spiegare alcuni elementi del fenomeno, ma nessuno ha trovato la chiave per spiegare in modo completo tutto il ciclo. È come se la comunità di biochimici dell’epoca avesse a disposizione una serie di tessere di un puzzle, ma non si fosse ancora trovato il modo per farle combaciare tutte tra di loro.

La respirazione cellulare è una catena di reazioni chimiche che, oggi lo sappiamo proprio grazie a Krebs, degrada i nutrienti che arrivano nelle cellule e ne ricava l’energia necessaria per il loro funzionamento. Per usare la terminologia attuale, il ciclo di Krebs (o ciclo dell'acido citrico) è la via metabolica in cui i carboidrati, i grassi e le proteine vengono degradati per la produzione di energia chimica. Nel ciclo, inoltre, vengono prodotti anche alcuni precursori di amminoacidi fondamentali per la cellula.

A trovare la chiave per mettere insieme tutte le tessere del puzzle è stato proprio il gruppo guidato da Hans Krebs. Lo scienziato che da giovane era così timido e insicuro, seppur scoraggiato dal padre e dai suoi superiori a proseguire la carriera di ricercatore, è stato il protagonista di una delle più importanti scoperte della biochimica del secolo scorso. Fino alla morte, avvenuta a oltre ottantun anni, Krebs ha sempre portato con sé la lettera di rifiuto di Nature e l’ha mostrata a chi, da giovane, desiderava intraprendere la strada della ricerca, perché per lui ha sempre rappresentato un monito, quello a non desistere di fronte ai propri desideri.