Alcune droghe hanno un effetto antidolorifico, come la morfina. Altre, come le amfetamine e l’ecstasy (o MDMA), possono indurre uno stato di euforia. Altre ancora, come l’LSD, sono potenti allucinogeni che alterano la percezione dei nostri sensi al punto da scatenare allucinazioni.
Bastano questi pochi esempi per intuire che le sostanze stupefacenti o psicotrope – quelle che nel linguaggio comune chiamiamo droghe – sono in grado di interferire con il funzionamento del sistema nervoso. Anche se il modo in cui lo fanno cambia da sostanza a sostanza, alla base del loro meccanismo d’azione c’è, nella maggior parte dei casi, un comune denominatore: il potenziamento o l’inibizione dell’azione dei neurotrasmettitori, cioè i messaggeri chimici naturalmente presenti nel nostro sistema nervoso.
Sia che si tratti di effetti ricercati (ricreativi o terapeutici), sia di effetti collaterali indesiderati e rischiosi, le droghe – quelle naturali così come quelle sintetiche – sono infatti in grado di ingannare il nostro cervello «imitando» la molecola di un neurotrasmettitore. Questo semplice stratagemma dischiude alle sostanze psicotrope l’accesso al funzionamento del sistema nervoso e permette di avere effetti molto profondi sul nostro comportamento, sull’umore, sulle emozioni e sulla percezione del mondo.
Come agiscono le droghe
Sapere che le droghe interferiscono con il funzionamento dei neurotrasmettitori ci fornisce solo un quadro generale del loro meccanismo d’azione. Per comprendere l’azione specifica di ciascuna sostanza è però necessario addentrarci nel complesso sistema di messaggeri chimici e vie neurotrasmettitoriali che regolano il funzionamento del sistema nervoso. Un sistema reso ancora più intricato dal fatto che una stessa sostanza può interferire con il funzionamento di più di un neurotrasmettitore.
Per iniziare a orientarci in questo intreccio di percorsi, possiamo analizzare il meccanismo d’azione di una droga a partire da due elementi principali:
1. il neurotrasmettitore che è bersaglio dell’azione della droga;
2. il modo in cui la droga aumenta o inibisce l’azione del neurotrasmettitore.
Oggi conosciamo oltre un centinaio di molecole che sono in grado di agire come neurotrasmettitori, le «parole» che i neuroni si scambiano per permettere la trasmissione dell’impulso nervoso. Il luogo in cui avviene questa «conversazione» è la sinapsi, a livello della quale avviene il passaggio di informazioni dal neurone presinaptico a quello postsinaptico.
Un primo aspetto da considerare per orientarsi tra i numerosi neurotrasmettitori del nostro sistema nervoso è la loro natura chimica e molecolare. Oltre all’acetilcolina (che fa gruppo a sé), alcuni dei neurotrasmettitori più importanti sono:
- amminoacidi, come la glicina, il GABA (acido gamma-amminobutirrico) e il glutammato;
- amine biogene, come le catecolamine (dopamina, norepinefrina, epinefrina), ma anche la serotonina e l’istamina;
- neuropeptidi costituiti da stringhe di amminoacidi, come i peptidi oppioidi (cioè endorfine, encefaline, nocicettine, ecc.);
- nucleosidi e nucleotidi extracellulari, come l’adenosina e l’ATP.
È importante ricordare che un neurone può produrre un solo tipo di neurotrasmettitore oppure più tipi insieme, a seconda del tipo di stimolazione. Questo aspetto influisce sull’effetto finale – che può essere prevalentamente eccitatorio o inibitorio – sul neurone postsinaptico. Per esempio, GABA e glicina hanno per lo più un effetto inibitorio, mentre le catecolamine, l’acetilcolina e il glutammato stimolano in genere risposte eccitatorie.
C’è però anche un altro aspetto da considerare: a influenzare il tipo di risposta è soprattutto il tipo di recettore esposto sulla membrana del neurone postsinaptico: uno stesso neurotrasmettitore, infatti, può talvolta legarsi a diversi tipi di recettori, i quali possono indurre effetti diversi nella cellula bersaglio della loro azione.
Alcuni neurotrasmettitori bersaglio di sostanze stupefacenti
Come abbiamo visto, sono moltissime le molecole che funzionano come neurotrasmettitori nel nostro sistema nervoso. Quando si parla di dipendenza, alcuni neurotrasmettitori sono però più significativi perché sono il bersaglio preferenziale dell’azione di una o più sostanze psicoattive. Vediamone alcuni.
Acetilcolina: è il neurotrasmettitore che agisce a livello delle giunzioni neuromuscolari per controllare la contrazione dei muscoli. Svolge un importante ruolo nel controllare gli stati di allerta e lo stato di veglia.
Dopamina: insieme all’adrenalina e alla noradrenalina, fa parte del gruppo delle catecolamine. È il principale neurotrasmettitore coinvolto nei meccanismi di gratificazione e ricompensa, associato a sensazioni di piacere ed euforia. Come tale, è anche uno dei principali mediatori chimici su cui agiscono le sostanze psicoattive in grado di causare dipendenza. Svolge un ruolo importante anche nel controllo del movimento (infatti le vie dopaminergiche sono alterate in diversi disturbi motori, in particolare nel Parkinson).
Serotonina: influenza appetito, sonno, ansia e umore, e induce sensazioni di appagamento. Insieme alla norepinefrina e alla dopamina, la serotonina è coinvolta nei disturbi dell’umore e nella depressione: molti farmaci antidepressivi (e alcune sostanze stupefacenti) agiscono proprio sui circuiti neuronali di trasmissione del segnale della serotonina.
GABA: è uno dei più importanti neurotrasmettitori inibitori; aumenta il senso di sonnolenza e riduce invece lo stato di allerta, l’ansia e la tensione muscolare.
Adenosina e ATP: si legano a una specifica classe di recettori, chiamati recettori purinergici, coinvolti in diverse funzioni, come il controllo degli stimoli dolorosi; i recettori per l’adenosina sono, come vedremo, coinvolti nella trasmissione di quella che possiamo considerare la più diffusa sostanza eccitante al mondo: la caffeina.
I meccanismi d’azione delle droghe
La grande varietà di effetti riscontrabili in seguito all’assunzione di sostanze stupefacenti dipende dal tipo di neurotrasmettitore coinvolto, ma anche da un secondo aspetto: il modo in cui la droga interferisce con il suo funzionamento.
Possiamo individuare quattro principali meccanismi d’azione di una sostanza psicoattiva.
1. Sostanze che agiscono come agonisti del neurotrasmettitore
Molte sostanze stupefacenti agiscono come agonisti del neurotrasmettitore: in altre parole, la sostanza imita la molecola del neurotrasmettitore e si lega ai suoi recettori, potenziandone il segnale. Questo sistema è sfruttato, per esempio, da sedativi come i barbiturici e le benzodiazepine, che agiscono come agonisti dei recettori GABA-A del GABA, inducendo calma e sonnolenza.
Tra le sostanze che agiscono sulla via del GABA c’è anche il gammabutirrolattone (GBL), una delle più recenti sostanze sintetiche d’abuso: quando viene assunto, il GBL viene metabolizzato in gamma-idrossibutirrato (GHB), che può agire come agonista sui recettori del GABA inducendo, ad alte dosi, uno stato di sedazione profonda a cui talvolta si associa amnesia retrograda, cioè l’incapacità di ricordare che cosa è successo mentre si era sotto l’effetto della droga. Per questi effetti, questa sostanza viene usata per neutralizzare le resistenze di potenziali vittime di violenze sessuali o furti.
2. Sostanze che agiscono come antagonisti del neurotrasmettitore
In altri casi, la capacità della sostanza di imitare il neurotrasmettitore ha un effetto contrario a quelli appena descritti: agisce cioè da antagonista del neurotrasmettitore: si lega e blocca il suo recettore impedendo il legame con il neurotrasmettitore naturale e inibendo il segnale.
Anche se non viene inclusa tra le sostanze stupefacenti vere e proprie, la caffeina agisce proprio in questo modo, come antagonista dell’adenosina. L’adenosina è prodotto di scarto del metabolismo cellulare e, quando si accumula nella sinapsi e si lega ai propri recettori, comunica all’encefalo una sensazione di stanchezza e la necessità di riposo e di sonno. La caffeina, che ha una struttura molecolare simile a quella dell’adenosina, si lega ai recettori dell’adenosina e ne blocca la trasmissione del segnale: ecco perché, dopo una tazzina di caffè, sentiamo svanire la sensazione di stanchezza.
3. Sostanze che stimolano o inibiscono il rilascio del neurotrasmettitore
Alcune sostanze agiscono in un modo più complesso, che comporta effetti a cascata sul rilascio di altri neurotrasmettitori, con effetti che quindi si diramano su più vie neurotrasmettitoriali.
Per esempio, la nicotina contenuta nelle foglie di tabacco e, quindi nel fumo di sigaretta, è un agonista di un particolare recettore per l’acetilcolina chiamato, non a caso, recettore nicotinico. Quando si lega a questi recettori nell’encefalo, la nicotina innesca il rilascio di acetilcolina e di numerosi altri neurotrasmettitori, tra cui l’adrenalina, la noradrenalina e la dopamina.
Anche gli oppioidi come morfina ed eroina agiscono in un modo simile: queste sostanze si legano a specifici recettori (in particolare, i recettori μ), inducendo effetti antidolorifici e rilassamento. Tuttavia, la loro azione è più complessa perché, a cascata, la stimolazione di questi recettori provoca una diminuzione del rilascio di norepinefrina, mentre stimola la liberazione di dopamina.
4. Sostanze che bloccano la ricaptazione del neurotrasmettitore
In molti casi, la sostanza stupefacente interferisce con la ricaptazione (reuptake) del neurotrasmettitore, cioè con il fisiologico meccanismo con cui i neuroni presinaptici recuperano le molecole di neurotrasmettitore dallo spazio sinaptico e, in questo modo, regolano la durata del segnale.
È questo il caso della cocaina, che blocca i recettori per il reuptake della dopamina. Finché questi siti sono bloccati, la dopamina permane nello spazio sinaptico e continua a stimolare i neuroni postsinaptici, promuovendo e prolungando la sensazione di gratificazione e piacere.
Anche alcuni farmaci antidepressivi agiscono in modo simile. Ad essere inibito, però, è il reuptake della serotonina. Il prolungamento degli effetti della serotonina porta a un miglioramento dell’umore. Gli antidepressivi che agiscono in questo modo vengono anche chiamati con il nome collettivo di inibitori selettivi del reuptake della serotonina o SSRIs.
Questa carrellata di esempi aiuta a inquadrare i principali meccanismi d’azione delle sostanze stupefacenti, ma va letta tenendo sempre a mente che molte droghe possono intervenire su più di un neurotrasmettitore e, talvolta, con meccanismi diversi. Un buon esempio della complessità delle risposte indotte dalle sostanze di abuso è l’alcol, che influisce sul nostro organismo in molti modi diversi:
- è un agonista dei recettori del GABA e forse dell’adenina, con effetti sedativi;
- blocca i recettori del glutammato, causando rilassamento e allungando i tempi di reazione;
- blocca il reuptake della dopamina, causando la stimolazione del centro del piacere e quindi una sensazione di gratificazione;
- stimola il rilascio di endorfine e agisce come antidolorifico.
La risposta individuale alle sostanze d’abuso
I meccanismi che abbiamo descritto aiutano a capire alcuni dei principali circuiti attraverso cui le sostanze d’abuso esercitano effetti a breve termine sul nostro organismo. Come accennato, è una descrizione che prende in esame alcuni effetti tipici, non solo perché una sostanza può avere effetti variegati e complessi, ma anche perché la variabilità individuale gioca un ruolo nell’intensità della risposta.
Questo è un ambito di studio che solo di recente ha iniziato a essere esplorato, grazie agli studi di farmacogenetica che mirano a identificare i polimorfismi genetici responsabili della diversa risposta a una stessa terapia.
Nel contesto delle sostanze d’abuso, diversi gruppi di ricerca stanno indagando quali polimorfismi genetici possono favorire specifici effetti acuti o predisporre allo sviluppo di dipendenza. Grazie agli studi di genomica, sono stati individuati polimorfismi nei recettori per diversi neurotrasmettitori, come il recettore DRD4 per la dopamina o il recettore per gli oppioidi codificato dal gene OPRM: conoscere i neurotrasmettitori bersaglio dell’azione delle droghe e i polimorfismi dei recettori implicati nella loro risposta è un primo passo per comprendere come agiscono queste sostanze nelle diverse persone, e anche per progettare in futuro strategie terapeutiche in grado di disinnescare la dipendenza da una sostanza d’abuso.

La trasmissione dell’impulso nervoso a livello delle sinapsi chimiche che utilizzano i neurotrasmettitori come mediatori (immagine: Shutterstock)

L’acetilcolina agisce a livello delle giunzioni neuromuscolari per controllare la contrazione del muscolo (immagine: Shuetterstock)

La molecola di dopamina (immagine: Shutterstock)