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Voci in Agenda: uranio italiano e futuro del nucleare civile

In questa ventunesima puntata parliamo della breve vita delle miniere di uranio italiane e degli orizzonti della ricerca nelle centrali nucleari

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L’epopea dell’estrazione di uranio nel nostro Paese e le frontiere della ricerca nel settore delle centrali nucleari sono i protagonisti della ventunesima puntata di Voci in Agenda, la prima della terza stagione del nostro podcast dedicato ai temi della sostenibilità e dell’innovazione. Nel primo podcast facciamo un viaggio nelle miniere di uranio attive in Italia intorno alla metà del Novecento; nel secondo cerchiamo di capire qual è lo stato dell’arte dell’industria del nucleare civile e in quale direzione si muove la ricerca in questo settore.

1. Storia dell’uranio italiano

Secondo il report Uranium 2020: Resources, Production and Demand, redatto dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA) e dalla Nuclear Energy Agency (NEA), le riserve mondiali di uranio sono così distribuite:

Come si vede a farla da padrone è l’Australia col 29% delle riserve totali, seguita dal Kazakistan col 15% e dal Canada col 9%. Da soli questi tre Paesi custodiscono più del 50% delle riserve di uranio che conosciamo oggi. La mappa mette in luce anche un altro dato interessante: l’unico continente privo di uranio è l’Europa. Eppure c’è stato un tempo non troppo lontano nel quale, proprio in Italia, l’uranio veniva estratto per davvero. Negli Cinquanta del Novecento, infatti, in provincia di Cuneo, è stato attivo per poco più di un decennio un sito di estrazione che doveva fornire il combustibile necessario alla nascente industria nucleare italiana.

Enrico Bergianti ci racconta la storia di quella miniera. Una storia che inizia con personaggi del calibro di Marie Curie ed Enrico Fermi e si chiude tristemente con i minatori che in quella miniera lavorarono e in molti casi persero la vita, un po’ a causa delle polveri inalate, un po’ perché colpevolmente vennero trascurati gli effetti delle radiazioni prodotte dall’uranio. Una storia, dunque, prettamente novecentesca, nella quale entusiamo e fiducia nel progresso si scontrarono con una mancata valutazione e gestione dei rischi associati alle imprese umane.

2. A che punto siamo con lo svilluppo delle centrali nucleari?

Secondo il Power Reactor Information System dell’IAEA, alla fine del 2023 le centrali nucleari in funzione nel mondo erano 403, mentre 59 erano i nuovi impianti in costruzione. La mappa che segue mostra la distribuzione qualitativa di questi impianti:

Come si può osservare, l’Italia – insieme ad Austria, Germania, Danimarca e Irlanda – è colorata di nero, a indicare che nel nostro Paese non ci sono centrali nucleari in funzione. È così dal 1987, quando dopo un refernedum popolare si decise di rinunciare all’energia proveniente dall’atomo. Dopo il 1987 un secondo referendum popolare, nel giugno 2011, ha ribadito la contrarietà della maggioranza degli italiani allo sviluppo del nucleare da fissione.

Eppure nel nostro Paese la ricerca nel settore del nucleare civile non si è fermata ed è condotta in gran parte da ricercatrici e ricercatori dell’ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. Patrizio Console Camprini è uno di loro. Insieme a lui abbiamo cercato di capire qual è lo stato dell’arte delle centrali nucleari, che cosa si intende per centrali di terza e di quarta generazione e quali sono le sfide tecnologiche che ci aspettano in questo settore.

Trovi questa puntata di Voci in Agenda, insieme a tutte le altre, anche su Spotify.
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