«La sanità di mente, in sostanza, non è altro che la capacità di vivere in armonia con le leggi naturali.» Freeman Dyson
Il 15 dicembre 2018 è un giorno speciale. Freeman Dyson (1923), uno dei più grandi fisici matematici e astronomi teorici del Novecento, compie 95 anni.
Visto che probabilmente non potremo essere al suo fianco per aiutarlo a spegnere quella selva di candeline, un degno modo per festeggiarlo è quello di leggere il suo primo, splendido libro divulgativo intitolato Turbare l’universo (Bollati Boringhieri, 1981, ripubblicato nel 2010 in edizione accresciuta, 331 pp., euro 27. Tit. or. Disturbing the Universe).
Un modo per festeggiarlo? Diciamo la verità: leggere questo libro è un regalo che facciamo a noi stessi, non a lui. E visto che è Natale, rientra di diritto nella categoria dei cosiddetti “regali boomerang”.
Nota: dicesi “regalo boomerang” qualsiasi regalo che fai a qualcun altro, ma che sai ti tornerà indietro, in un modo o nell’altro (“Cara, allora ti piace il cofanetto con le sette stagioni del Trono di Spade che ti ho regalato?”).
Questa straordinaria autobiografia scientifica si apre con un libro per l’infanzia, La città magica di Edith Nesbit, e si chiude con una serie sogni. In mezzo ci sono cinquant’anni di vita, opere, idee e incontri di questo genio del Novecento che – scopriamo leggendo – fra i suoi molti talenti ha anche quello di saper scrivere benissimo.
«Una parte considerevole di questo libro è autobiografica. Non me ne scuso. Non è che io consideri la mia vita particolarmente importante o interessante per qualcuno eccetto che per me: io scrivo delle mie esperienze perché non ne so abbastanza di nessun altro. Quasi ogni scienziato della mia generazione potrebbe narrare una storia simile. La cosa importante, a mio avviso, è che i grandi problemi umani sono problemi dell’individuo e non della massa.»
Il ragazzo libero (di studiare)
«Gentili signori, vogliate cortesemente inviare all’indirizzo di cui sopra un catalogo delle Vostre pubblicazioni scientifiche. Distinti saluti». Firmato: Freeman Dyson, di anni 15, appassionato di scienza, in particolare di oceanografia. I libri di oceanografia, però, sono troppo costosi per le sue disponibilità, così si butta nella più (economicamente) abbordabile matematica.
È così che la vita del quindicenne Freeman cambia per sempre. Legge alcuni testi divulgativi su Albert Einstein e la relatività, ma capisce che senza padroneggiare il linguaggio di Einstein, cioè le equazioni differenziali, non potrà mai arrivare al cuore delle sue teorie e questo sarebbe davvero imperdonabile. Un giorno arriva l’esile catalogo della casa editrice “G. Bell & Sons, Ltd”, «in cui però figurava: “Equazioni differenziali, di H. T. H. Piaggio, dodici scellini e mezzo.” Non avevo mai sentito parlare dell’autore, ma dodici scellini e mezzo erano una somma accessibile, e mi recai subito dal libraio per ordinare il libro».
Siamo in Inghilterra, a Winchester, nel 1938. Il libro arriva, ma il giovane Freeman non ha tempo per leggerlo, perché deve pensare alla scuola. Poi per fortuna arrivano le vacanze di Natale (già)…
Come sempre durante le vacanze natalizie, la famiglia Dyson si trasferisce nel cottage al mare dove il padre, musicista, passa la mattinata a comporre, mentre nel pomeriggio si dedica a bonificare i suoi sedici ettari di terreno acquitrinoso, posti al di sotto del livello del mare. È una cosa seria ed è un loro obbligo, in quanto proprietari, prendersi cura dell’argine e delle chiuse che li divide dall’acqua salata dell’alta marea. «Per lui, la massima felicità consisteva nello starsene immerso fino alla cintola nel fango nero e freddo, cercando di strappare con le mani un chiusino bloccato; quando i chiusini funzionavano bene, si dedicava allo scavo dei fossi. Mancava solo una cosa per rendere completa la sua felicità: gli sarebbe piaciuto avere là, nel fango insieme a lui, il figlio adolescente, ad aiutarlo e a fargli compagnia.»
Purtroppo o per fortuna, l’idea di vacanza natalizia dei due non coincide nemmeno lontanamente. Il giovane Freeman ha il suo libro di matematica a cui dedicarsi, e ci si dedica, eccome. Dalle sei di mattina alle dieci di sera, esclusa la pausa pranzo (sic!). «Non mi sono mai divertito tanto durante una vacanza.»
A causa di quel libro (peraltro ancora in commercio oggi) e dei suoi 700 esercizi, i suoi genitori, seriamente preoccupati, sono costretti a metterlo in guardia: basta, se vai avanti così ti rovini la salute e ti bruci il cervello! D’altra parte a chi non è mai capitato di essere sgridato dai genitori per il troppo studio?
(Poi grazie alla madre, avvocatessa, comprende – come il Faust di Goethe – che vivere solo sui libri, senza amici e senza famiglia, non è un gran bell’affare e che sì, in effetti, un paio d’ore nel fango con suo padre non l'uccideranno.)
L’amico Richard Feynman
Trascorsa la Seconda guerra mondiale come scienziato non militare al quartier generale del Comando bombardieri dell’aviazioni inglese, nel 1947 il ventiquattrenne Dyson si trasferisce negli Stati Uniti per studiare fisica con Hans Bethe e con molti altri scienziati del “gruppo di Los Alamos”, cioè coloro che avevano inventato la bomba atomica. Fra questi spicca Richard Feynman, per gli amici Dick.
Il rapporto tra Dyson e Feynman è stato ampiamente indagato, per esempio nel recente libro di Paul Halpern Il labirinto dei quanti. Richard Feynman, John Wheeler e la rivoluzione della fisica, che non a caso attinge anche da questo libro di Dyson per raccontare quel mondo e questa fruttuosissima amicizia, grazie alle pagine che Dyson dedica al suo iconico professore. Non che Feynman avesse bisogno di qualcuno per divulgare le sue gesta («Sta scherzando, Mr. Feynman!» e «Che ti importa di cosa dice la gente?» saranno sempre lì a ricordarcelo), ma il capitolo Un viaggio ad Albuquerque, contenuto in Turbare l’universo, è memorabile.
Qui Dyson racconta i quattro giorni on the road trascorsi in macchina con Feynman, da Ithaca, città dello stato di New York dove ha sede la Cornell University, fino ad Albuquerque, nel Nuovo Messico, per un totale di circa 3000 kilometri: «Ebbi Dick tutto per me per buona parte di quattro giorni. Non potei avere tutto il suo tempo, perché egli amava raccogliere gli autostoppisti».
Colti da una violentissima pioggia tropicale, i due sono costretti a fermarsi in un albergo “vietato agli ubriachi”. Parlano per tutta la notte. Di amore, di morte, di lavoro, di bomba atomica. E di scienza, naturalmente: «su questo argomento io e Dick eravamo sempre in disaccordo. Ciascuno si opponeva alle idee dell’altro, e questo ci aiutava a migliorare i nostri ragionamenti». Un approccio che andrebbe rivalutato, in questi tempi di cieca e sterile rabbia da social.
Ma il legame di Freeman con Dick va oltre i rapporti personali. Il talentuossimo e giovane Dyson ha fra i suoi molti meriti quello di organizzare, sistematizzare e divulgare le idee più ostiche di Feynman, per esempio i famosi diagrammi di Feynman, ancora oggi utilizzati, che infatti prima di chiamarsi così si chiamavano grafi di Dyson. E ha anche il grande merito di scrivere un articolo intitolato Le teorie della radiazione di Tomonaga, Schwinger e Feynman, dove con uno strabiliante sforzo intellettuale riesce a comprendere la teoria di Schwinger e ad accordarla al resto: «La differenza tra Feynman e Schwinger si limitava a questo: entrambi dicevano le stesse cose, ma le osservavano da due prospettive diverse. Unendo insieme le loro due metodologie, si otteneva una teoria dell’elettrodinamica quantistica che univa alla precisione matematica di Schwinger la flessibilità pratica di Feynman. Finalmente sarebbe stato possibile enunciare una chiara teoria per i fenomeni del campo intermedio. La mia grande fortuna consisteva nel fatto che ero l’unica persona che avesse avuto l’occasione di parlare a lungo con Schwinger e Feynman, e che avesse veramente capito le loro intenzioni.»
Poi, nel 1965, i tre dell’articolo di Dyson vincono il premio Nobel per la fisica. In molti pensano che anche Dyson avrebbe meritato di vincerlo. Ma lui è il quarto uomo, e comunque ama passare da un campo d’indagine all’altro: impensabile trascorrere dieci anni sullo stesso argomento solo per vincere un premio...
L’uomo che vede «tutto ciò che è possibile, non solo ciò che è probabile»
Dopo molte mirabolanti avventure in terra d’America, il libro si chiude con la terza parte, intitolata Oltre. Un indizio su cosa intenda Dyson con “oltre” lo troviamo anche in una sua conferenza TED dove dice: «La mia filosofia è vedere tutto ciò che è possibile, non solo ciò che è probabile».
In queste pagine – a tratti più speculative – trova posto, per esempio, un lungo incontro con Stanley Kubrick sul set di 2001 Odissea nello spazio, ed è in gran parte di spazio, in effetti, che si parla: la vera passione di Freeman Dyson, che lega il proprio nome alla Sfera di Dyson e alla Civiltà eterna di Dyson, due idee molto suggestive di cui racconta anche in Turbare l'universo. Oltre a questo, si parla per esempio della colonizzazione dello spazio da parte di forme di vita intelligente (non per forza gli esseri umani).
Dyson distingue le civiltà in tre tipi, in base al loro controllo delle risorse disponibili, cioè della materia e dell’energia: Tipo 1: controllo delle risorse di un pianeta (la specie umana raggiungerà questo stadio fra pochi secoli, se tutto va “bene”); Tipo 2: controllo delle risorse di una stella; Tipo 3: controllo delle risorse di un'intera galassia.
«Una volta superato il secondo stadio la specie diventa invulnerabile: è impossibile che si estingua, anche a causa della peggiore catastrofe, naturale o artificiale, che si possa immaginare.»
Anche per questo, da alcuni decenni la specie umana è alla ricerca di vita extraterrestre e di radiazioni infrarosse, che restringerebbero molto il campo per la successiva ricerca di segnali ottici o radio, possibili marcatori di oggetti artificiali, dunque di probabile vita extraterrestre.
Inoltre, difficilmente noi comuni mortali abbiamo occasione di renderci conto che è almeno dagli anni Settanta che alcune delle migliori menti stanno studiando possibili modi per colonizzare lo spazio. Come fare? Dyson ha alcune buone idee e prospetta scenari affascinanti (e possibili), dalle vele solari a modifiche genetiche della nostra biologia, fino all’ibernazione umana: tema centrale di un libro appena uscito per Zanichelli che si intitola A mente fredda, scritto dal neurofisiologo Matteo Cerri, che racconta in modo aggiornato, e dalla prima linea delle ricerche, lo stato attuale delle cose e di ciò che potrebbe accadere entro dieci anni.
Temi attuali, anche per capire che sarebbe meglio non colonizzare lo spazio solo per fuggire dai disastri ambientali che abbiamo provocato noi esseri umani, come suggerisce l'immagine di copertina del libro.
«Il passato e il futuro non sono lontani. Chi è vissuto seicento anni fa e chi vivrà tra seicento anni è come noi. Sono i nostri vicini in questo universo. La tecnologia ha causato e causerà profondi cambiamenti nel modo di vivere e di pensare, allontanandoci dai nostri vicini. Tanto più preziosi, dunque, sono i vincoli di fratellanza che ci legano tutti.»
Il nostro futuro ha bisogno di persone come Freeman Dyson: leggiamolo. Oggi. Il nostro futuro siamo noi, e coma ama ripetere questo vecchio saggio... potrebbe essere un futuro meraviglioso.